Gli ittiosauri presentano degli adattamenti idrodinamici che ricordano un po' quelli dei delfini, infatti questo fenomeno si chiama 'convergenza evolutiva' e si può riassumere con questa frase: " quell'animale somiglia a quell'altro animale, ma non sono parenti" (nemmeno alla lontana). La convergenza evolutiva è un fattore molto importante nell'ambito della biologia evolutiva e, soprattutto, della paleontologia in quanto rispecchia un concetto molto importante: evoluzione è sinonimo di cambiamento, e questi cambiamenti (perlopiù casuali) vengono selezionati da meccanismi evolutivi, come la Selezione Naturale, la Selezione Sessuale, ecc. In questo caso è l'ambiente a "setacciare" geni/mutazioni già presenti all'interno di una popolazione.
La convergenza si presenta quando due specie diverse, evolutivamente/filogeneticamente distanti tra loro, vivono nello stesso tipo di ambiente od occupano nicchie ecologiche simili sulla spinta delle pressioni ambientali, evolvendosi (cambiando) per Selezione Naturale e sviluppando strutture o adattamenti che portano certi organismi ad assomigliarsi molto. Quindi, riusciamo a capire che il delfino e l'ittiosauro condividono lo stesso ambiente, seppur in epoche (geologiche) diverse e senza essere imparentati tra di loro(gli ittiosauri appartengono al cosiddetto gruppo degli 'euriapsidi' (trovate l'articolo qui), mentre i delfini sono mammiferi).
Sotto la pressione dell'ambiente marino svilupparono, o meglio, vennero selezionati quegli organismi che presentavano già certe caratteristiche che permisero a questi gruppi di adattarsi in un contesto marino. Vediamone alcune:
- la morfologia del corpo è affusolata e idrodinamica;
- la propulsione veniva ottenuta mediante il "colpo" della coda;
- gli arti (o pinne) hanno subito delle modificazioni tali da svolgere vari ruoli, come mantenere in equilibrio e 'direzionare' il corpo di questi animali. Sono, quindi, arti poco robusti sorretti da cinti relativamente poco robusti e con cinture ridotte (la scapolare), o addirittura estremamente ridotte (la pelvica);
- I denti sono conici e collocati in mandibole e mascelle relativamente allungate;
- Le narici si trovano in posizione dorsale e arretrata;
- Il collo è estremamente ridotto.
Quest'immagine presa da Wikimedia Commons mette in evidenza le caratteristiche simili tra ittiosauri e delfini. E' molto dettagliata, vi allego
qui il link per poter vedere meglio l'immagine.
Ma torniamo ai nostri amici ittiosauri. Regnavano in mare, e regnano anche a livello paleontologico in quanto è un gruppo molto documentato, dal Triassico ( 252 milioni di anni fa circa) fino agli strati relativi alla fine del Cenomiano (Cretacico superiore: 93,9 milioni di anni fa circa).
I primi antenati degli ittiopterigi (Clade Ichthyopterygia, che include i famosi ittiosauri) si sono adattati velocemente al 'mare aperto' (contesto pelagico) e si sono evoluti prima della grande estinzione del Permiano 251 milioni di anni fa circa.
Ittiopterigi basali
Questa ricerca (clicca
qui) è molto affascinante perché riesce a far luce un po' sull'origine di questo gruppo a cui appartengono i famosi 'ittiosauri' (Ordine Ichtyosauria Blainville, 1835), vertebrati appartenenti al gruppo estinto
Euryapsida, uno dei 4 macrogruppi (Sottoclasse) di amnioti (gli altri sono Anapsida, tartarughe; Diapsida, come dinosauri, uccelli e coccodrilli; e Synapsida, a cui appartengono tutti i mammiferi). Gli amnioti incominciarono a dominare un po' tutte le nicchie terrestri disponibili dopo l'ascesa dei vertebrati tetrapodi sulla terraferma dal mare. La cosa interessante è che gli ittiopterigi sono il primo gruppo di amnioti ad adattarsi (o meglio, ad essere selezionato) in un contesto marino slegato completamente dalla terraferma o dalle acque basse, infatti in questo studio indica questo gruppo come il primo ad aver conquistato il mare 'aperto' (Dominio pelagico).
Sostanzialmente, si pensava che gli ittiopterigi (gruppo che include tutti gli ittiosauri a forma di pesce) si fossero sviluppati nel Triassico dopo la grande e famosa estinzione di massa del Permiano, e che avessero occupato le nicchie ecologiche lasciate 'libere' dagli animali estinti durante questo grande evento.
Tuttavia, i fossili rinvenuti sull'isola artica di Spitsbergen indicano, invece, che questo gruppo è un sopravvissuto della grande estinzione di massa del Permiano in quanto presenta adattamenti ad un contesto pelagico, un adattamento che caratterizzava anche (e soprattutto!) i fossili successivi appartenenti a questo gruppo.
Di conseguenza, gli ittiopterigi non hanno occupato nessuna nicchia ecologica, ma hanno continuato ad "occupare" una nicchia che già occupavano prima della grande estinzione di massa.
Entriamo un pochino nel dettaglio.
La tecnica XRF (spettroscopia a raggi X) ha permesso di fare confronti geochimici tra i vari siti studiati. Il sito conosciuto come "Fish Niveau" presenta un input di sedimenti sabbiosi, mentre il sito "Lower Saurian Niveau" presenta una quantità di carbonato di calcio relativamente pura, e di vanadio, dove assieme indicano un contesto poco ossigenato. Questi risultati, in soldoni, indicano una zona di "offshore", o di 'mare aperto', e ciò non entra in contrasto con alcuni elementi anatomici tipici degli ittiopterigi rinvenuti in situ e che indicano un adattamento al contesto pelagico'.
Vediamo cosa ci dicono le vertebre:
- le superfici laterali sono prive di apofisi costali, mentre sono presenti sfaccettature dell'arco emale sui margini ventrali;
- queste vertebre sono simili a quelle caudali degli ittipoterigi primitivi, ma i centri vertebrali sono più grandi degli ittiopterigi basali ma paragonabili agli ittiopterigi di "medie dimensioni" (quelli che raggiungevano 3 metri circa di lunghezza);
- l'organizzazione interna è spugnosa e incorpora una fitta rete trabecolare orientata circonferenzialmente, tipica degli ittiopterigi pelagici a crescita rapida (con un metabolismo molto elevato).
Immagine delle componenti vertebrali del fossile soggetto di studio. Fonte: Kear B. P. et al. 2023
Sostanzialmente, queste caratteristiche sono tipiche di tetrapodi acquatici più derivati, e di conseguenza questi fossili indicano che i primi ittiopterigi si sono adattati molto velocemente ai contesti pelagici, e come predatori all'apice della catena alimentare.
La radiazione deve essere stata rapida, tanto da ipotizzare (con i dati a disposizione) che tutti gli ittiosauromorfi, gli ittiosauroformi e gli ittiopterigi abbiano compiuto la "transizione" terra-acqua entro 2 milioni di anni dal "confine" Permiano-Triassico.
Questi primi "rettili marini", quindi, si sono evoluti prima della grande estinzione di massa ma, a differenza dei loro 'discendenti', erano perlopiù opportunisti e dominavano le acque profonde, mentre le acque più 'basse' erano dominate dagli anfibi. Questo, in termini evoluzionistici, si chiama "radiazione evolutiva/adattativa", e si verifica quando avviene un cambiamento rapido (a livello geologico) all'interno di una popolazione.
Sostanzialmente, la zona pelagica e gli anfibi di "mare poco profondo", hanno selezionato in poco tempo quegli organismi che già possedevano caratteristiche tipiche di organismi pelagici.
Ora che abbiamo capito che gli ittiosauri appartengono ad un gruppo di strepitosi nuotatori, possiamo concentrarci un po' di più sull'anatomia. In primis, come anticipato nella prima parte, il collo è estremamente ridotto, gli arti si sono evoluti in portentose pinne, e la coda svolge un ruolo fondamentale per la propulsione. Come abbiamo appena letto, gli "antenati" degli ittiosauri presentavano caratteristiche tali da essere adattati al contesto pelagico, come gli ittiosauri più derivati, e in termini evoluzionistici quando una popolazione è adattata in un certo contesto, quindi specializzata, a patto che non vi siano pressioni evolutive tali da 'selezionare' in tempi rapidi certi organismi con certi caratteri (come per i primi ittiopterigi), non si noteranno nel corso del tempo grosse differenze morfologiche tra i vari gruppi (ricordando che l'evoluzione è continua, e le modifiche sono anche genetiche e fisiologiche). Quindi, parliamo di forme già adattate alla vita acquatica, infatti un collo ridotto e un cranio "idrodinamico" (come il resto del corpo) permettevano a questi animali di nuotare velocemente e di cacciare attivamente altri organismi acquatici. Non possiamo non citare, come carattere anatomico distintivo, le vertebre appiattite e subcircolari, in quanto conferiscono alla struttura ossea una certa flessibilità e anche resistenza alla pressione dell'acqua, infatti è come se fossero "solamente appoggiate" una a fianco all'altra, a differenza dei vertebrati terrestri che possiedono una colonna vertebrale più rigida, con vertebre "incastonate" tra di loro (quindi una struttura relativamente poco flessibile) con la funzione di resistere alla forza di gravità (questa parte l'ho iper semplificata in quanto prossimamente parlerò nel dettaglio della colonna vertebrale nella sezione di Anatomia Comparata).
Esempio di colovva vertebrale tipica di un ittiosauri. Per la fonte, clicca
qui
Essendo un gruppo ben documentato, possiamo studiare un po' alcuni "trendi evolutivi". Piccola parentesi: i cosiddetti "trend evolutivi" sono in paleontologia modificazioni costanti nel tempo, non necessariamente legate o selezionate dai meccanismi evolutivi. Per esempio, certi gruppi possono subire modificazioni costanti per quanto riguarda le dimensioni, quindi una specie arcaica può effettivamente sembrare/essere più piccola di una specie derivata. Non è assolutamente 'lamarckismo', ma una continua selezione di caratteri perlopiù non adattativi (ma non è da escludere che possano risultare 'positivi' in certi contesti, come in quelli insulari). Vediamone alcuni:
- nelle forme primitive, sono presenti le coste sacrali mentre, nelle forme derivate, il cinto pelvico è separato dalla colonna vertebrale;
- gli arti nelle forme arcaiche hanno dimensioni simili, mentre negli ittiosauri derivati gli arti posteriori sono estremamente ridotti;
- negli ittiosauri derivati il "muso" è più allungato, e l'orbita molto sviluppata. Per quanto riguarda il cranio, la parte posteriore è 'alleggerito' in quanto vicino ai rami mandibolari risulta essere più snella rispetto agli ittiosauri primitivi, come anche i denti risultano essere conici e più snelli. Gli occhi di quelli derivati presenteranno i cosiddetti "anelli sclerotici" a protezione degli occhi alla compressione dovuta alla profondità;
- quello più evidente, e famoso, è l'evoluzione dell'arto. Infatti, gli ittiosauri primitivi presentano un arto simile a quello di un tetrapode terrestre dotato di 5-7 dita, ma nelle specie derivate le dita si moltiplicano esponenzialmente e sono connessi tra loro da microscopiche articolazioni. E', in soldoni, una pinna ossea. Nel complesso, ci sono altri trend evolutivi legati all'evoluzione dell'arto, infatti sono molte le componenti che tendono a scomparire o ad essere estremamente ridotte, come la scomparsa negli arti anteriori di caviglie e polsi. Sostanzialmente, l'arto assume le sembianze di una 'paletta' grazie all'espansione dimensionale di molte componenti ossee;
- il trend 'classico' è quello dell'aumento delle dimensioni corporee, infatti le specie derivate sono davvero gigantesche;
- i cinti, a differenza degli amnioti terrestri, subiscono variazioni notevoli: quello scapolare si riduce notevolmente, quello pelvico anche tanto da presentarsi nelle specie derivate come una sorta di articolazione per le pinne ventrali;
Cranio di
Platypterygius sp.
Evoluzione dell'arto. Fonte: Maxwell E. E. et al., 2013
Cosa sappiamo sulla riproduzione di questi animali?
Se ci pensate, il fossile di un animale rappresenta l'attimo in cui l'organismo compie le sue ultime azioni prima della morte, che rimarranno scolpite nella roccia per tanto tempo fino al ritrovamento dei paleontologi.
Nella foto possiamo vedere un ittiosauro del genere Chaohusaurus, un "rettile marino" risalente a 248 milioni di anni fa circa (siamo agli inizi del Triassico inferiore, nel Mesozoico).
Motani R. et al., 2014
La particolarità di questo fossile (per la ricerca, clicca
qui) è che fotografa in diretta un parto, infatti
questa mamma era incinta di tre cuccioli dove uno sta venendo alla luce, uno è già nato ed il prossimo sarebbe nato successivamente. È un'immagine spettacolare quanto triste.
Però questo fossile ci riesce a dire davvero delle cose interessanti che ci aiutano a capire la vita di questi animali:
- La posizione cefalica(cioè quando è il cranio del cucciolo ad uscire per primo) del secondo cucciolo che sta nascendo, dimostra che la nascita degli ittiosauri avveniva in prossimità della terraferma in acque relativamente molto basse, come avevano indicato alcuni studi in passato;
- La posizione cefalica indica anche che gli ittiosauri erano vivipari, cioè partorivano i cuccioli già formati senza l'ausilio delle uova.
immagine dei tre cuccioli soggetto di studio. Fonte:
Motani R. et al., 2014
Questa necessità di partorire sulla terraferma, unita alla viviparità, è probabilmente legata al fatto che i progenitori di questi organismi era terrestri, vivipari e nel corso del tempo i discendenti di questi vertebrati terrestri si sono adattati a vivere in acqua mantenendo comunque un piccolo legame con il passato.
Le dimensioni...contano!
Qui il protagonista è la specie Cymbospondylus youngorum, un ittiosauro che possedeva un cranio lungo circa 2 m, e proveniente da faune associate al Triassico medio del Nevada (U.S.A.). E' un ritrovamento eccezionale in quanto mostra come l'aumento delle dimensioni all'interno di questo lignaggio sia comparso in tempi brevissimi, anche se questo fossile non aiuta a capirne il come, o il perché in termini (paleo)ambientali.
Le dimensioni sono simili a quelle di un cetaceo moderno, ma la differenza è che l'aumento delle dimensioni (trend evolutivo) nei mammiferi è stato relativamente lento in quanto delle dimensioni così ragguardevoli sono state raggiunte solo dopo decine di milioni di anni di selezione. Diciamo che i cetacei non furono i primi 'giganti' ad evolversi in un contesto marino, in quanto questo primato spetta al momento agli ittiosauri e a C. yongorum.
Immagine che mette in relazione le varie dimensioni. Fonte: Sander P. M. et al., 2021
Il fossile è datato circa 244 milioni di anni fa (per la ricerca, clicca qui), e l'animale sarebbe esistito al massimo 8 milioni di anni dopo l'emergere dei primi ittiosauri, anche se questa 'situazione' si è complicata con lo studio del 2023 nel quale si evidenzia che le comparsa gli ittiopterigi risale al Permiano, con gli organismi basali che presentavano già adattamenti in contesti pelagici. Quindi, forse, l'evoluzione è stata rapida, ma non così rapida come suggerita dai vecchi studi.
I risultati della ricerca:
- la 'Fossil Hill', in Nevada, include tanti ittiosauri dalle grandi dimensioni e la variabilità per quanto riguarda le dimensioni è maggiore rispetto ai cetacei: C. yongorum poteva raggiungere almeno i 17 m circa di lunghezza, mentre in alcuni alcuni generi (come Phalarodon) la lunghezza si aggirava attorno ai 2 m;
- la 'Fossil Hill' rappresenta una rete trofica stabile, e avrebbe potuto sostenere anche eventuali ittiosauri capaci di nutrirsi di piccole e abbondanti prede (come ammonoidi);
- Questo fossile associato alla specie C. youngorum è datato circa 246 milioni di anni, e suggerisce che questa specie sarebbe vissuta ben 3 milioni di anni dopo la comparsa dei primi ittiosauri;
- l'evoluzione degli ittiosauri, seppur molto simile a quella dei cetacei, presenta alcune differenze, perlopiù legate all'alimentazione. Gli ittiosauri sembrano aver beneficiato di conodonti e ammonoidi pelagici dopo l'estinzione del Permiano, mentre il lignaggio dei cetacei sembra essere legato ad una specializzazione trofica, che comprende la perdita dei denti nei 'misticeti' (balenottere) e l'evoluzione della cosiddetta "alimentazione raptoriale" negli odontoceti.
Quando si estinsero?
Per quanto possa apparire strano, questi animali si estinsero nel Cenomiano (100,5 - 93,9 milioni di anni fa circa), ben 30 milioni prima della grande estinzione del Tardo Cretacico che coinvolse dinosauri e una miriade di specie, tra animali e piante. Nonostante i loro profondi adattamenti al regno acquatico, e il loro "apparente" successo durante il Cretacico, questi animali sono stati 'coinvolti' da eventi biotici di minori intensità, rispetto ad una grande estinzione di massa, che in un modo o nell'altro hanno decretato la fine di questi meravigliosi "rettili" marini.
In questo studio (clicca qui), vengono elencate alcune delle probabili cause di estinzione. In primis, gli autori mettono in evidenza il fatto che gli ittiosauri mantennero una ricchezza e disparità elevata, ma in continua diminuzione durante il Cretacico inferiore. A livello fenotipico, però, le differenze tra i vari gruppi non erano estremamente elevate, e in natura gli organismi specializzati risentono molto dei cambiamenti ecologico-ambientali. Un cambiamento a livello globale ha sconvolto questo gruppo, riducendo la diversità ecologica di questi organismi, e le nicchie lasciate libere vennero occupate man mano da altri organismi specializzati.
immagine che rappresenta alcuni dati ecologici utilizzati nello studio, come per esempio le tipologie dei denti che rispecchiano gli ambienti nel quale gli animali vissero, e le prede 'tipiche'. Fonte Fischer V et al., 2015
Vediamo un po' nel dettaglio il risultato dello studio.
In precedenza, sono state formulate due ipotesi per spiegare l'estinzione cenomiana degli ittiosauri:
- la competizioni con organismi simili, per esempio mosasauri;
- la riduzione delle risorse alimentari, come per esempio i cefalopodi a 'corpo molle'.
Questi scenari possiedono discrepanze a livello geografico e temporale, infatti gli unici a poter competere con gli ittiosauri sarebbero potuti essere i mosasauri per quanto riguarda la "tipologia" di preda, ma questo gruppo comparve nel Cretacico superiore circa 70 milioni di anni fa, e con molta probabilità occuparono solamente la nicchia ecologica lasciata libera dagli ittiosauri. Altri competitori potevano essere i plesiosauri, famosissimi "rettili" dal collo lungo, ma i dati fossili ci indicano la presenza in bacini australiani sia di plesiosauri che di ittiosauri, indicando una 'convivenza' di almeno 19 milioni di anni.
Tralasciando queste ipotesi, scartate sul nascere, la cosa che salta subito all'occhio è che dal Giurassico medio vi è una costante diminuzione della diversità degli ittiosauri, ma la sola componente alimentare non è nemmeno molto attendibile in quanto gli ultimi ittiosauri erano all'apice della catena alimentare e basavano la loro dieta su diversi animali, e non esclusivamente sulle belemniti (come si ipotizzava in passato).
I lenti tassi evolutivi relativi a questo gruppo, sommati ai cambiamenti climatici (veloci), hanno giocato un ruolo fondamentale in tutta questa storia. Nel Cenomiano avvenne un'importante estinzione che portò gli ittiosauri a presentare una bassa diversità, una scarsa abbondanza e un'areale relativamente ristretto.
La variabilità climatica è la migliore spiegazione a questo fenomeno in quanto, appunto, tra il Cenomiano e il Turoniano (93,9 milioni di anni fa circa), si sono susseguiti e alternati tanti fenomeni climatici quali:
- l'assenza del ghiaccio polare;
- i livelli del mare estremamente alti;
- la forte anossia e le temperature elevate legate ad un aumento della CO2:
Insomma, 93 milioni di anni fa circa il clima, e di conseguenza gli ambienti, erano molto instabili ed hanno provocato una sorta di 'turn over' biotico. Questo perché, essendosi abbassata la diversità all'interno delle popolazioni di ittiosauri, si sono persi di conseguenza caratteri che avrebbero potuto permettere a questi animali di competere per le "nuove" nicchie, o meglio di occupare e rioccupare le varie nicchie in base ai cambiamenti climatico-ambientali. La perdita della variabilità ha comunque coinvolto la sfera genetica, e con una popolazione ridotta (quindi con minore possibilità che qualche gene che codificava qualche morfologia/adattamento peculiare potesse diventare frequente all'interno di una popolazione), gli ittiosauri hanno incominciato ad avere le ore contate.
Infine, possiamo considerare l'estinzione del Cenomiano-Turoniano come un "colpo finale", in quanto gli autori sono riusciti a capire che si sono verificati anche altri fenomeni climatico-ambientali durante il Cenomiano, che condussero in modo 'graduale' gli ittiosauri pian piano verso l'estinzione.
Approfondimenti (in continuo 'work in progress')
Ittiosauri 'italiani' (o rinvenuti vicino i nostri confini)
In Italia ci sono tantissimi luoghi d'interesse paleontologico, ed uno di questi, forse il più famoso e affascinante, si trova sul Monte San Giorgio vicino Besano(Varese) rinominato recentemente patrimonio UNESCO. Tra i tanti ritrovamenti, sicuramente, vi ricorderete del (Dal Sasso & Pinna, 1996), un ittiosauro vissuto nel Triassico medio(tra i 247 e i 235 milioni di anni fa circa) nel Mar Tetide.
In vari musei europei, i paleontologi nostrani assieme ad altri colleghi europei si sono messi alla ricerca di altri esemplari simili al B. leptorhynchus e, grazie agli studi osteologici condotti sul cranio della specie rinvenuta in Italia (per la fonte, clicca qui), è stato possibile attribuire un totale di 6 esemplari a questa specie(5+1). Rappresentano fasi di crescita diverse. In paleontologia, come ben sapete, bisogna trovare più resti associati alla stessa specie per poter ricostruire lo sviluppo di un organismo ormai estinto. Infatti, il più grande esposto a Zurigo, raggiunge quasi gli 8 metri di lunghezza mentre il più piccolo è lungo poco più di un metro.
Ma non finisce qui. Gli studi anatomici ci forniscono un sacco di informazioni:
- Il lungo rostro indica che si nutriva di piccole prede, quindi non era una specie all'apice della catena alimentare. Questo adattamento ecologico potrebbe aver contribuito all'aumento delle dimensioni corporee di queste specie, permettendo alla stessa una bassa competizione con altri predatori che abitavano la ricca e variegata fauna della formazione di Besano;
- È il più antico diapside nuotatore di grandi dimensioni, e B. leptorhynchus rappresenta a livello filogenetico il più antico e primitivo gruppo rappresentante ittiosauri shastasauri, vissuti anche in Nordamerica e Cina.
Fonte immagine: Bindellini et al., 2021
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