martedì 4 ottobre 2022

Teoria della costruzione di nicchia: I primi studi, e la scissione dell'antropologia culturale da quella fisica



INTRODUZIONE

Con questo articolo, vi indirizzerò in linea di massima ad un argomento tanto affascinante quanto sconosciuto: l'Ecologia Umana. Non scervellatevi, perché avrete modo e tempo di leggere e di elaborare un po' questo 'nome d'esame', in quanto questo particolare argomento evolutivo, necessario anche per capire un po' l'evoluzione umana, avrà una sezione a parte, proprio perché non si può non parlare dell'interazione dell'uomo con l'ambiente (e viceversa).

Partiamo dal principio. Ecologia è un termine, spero, abbastanza familiare un po' per tutti, ed è una materia importantissima per le Scienze Naturali e la Biologia in quanto studia l'interazione tra gli organismi e il loro ambiente. Anche il genere Homo è entrato in contatto con ambienti diversi, alcuni in continuo mutamento, e con una miriade di organismi che hanno contribuito, direttamente o indirettamente all'evoluzione del nostro genere. Questo è il punto centrale dell'Ecologia: i sistemi biologici e ambientali evolvono (cambiano) assieme e, soprattutto, si influenzano a vicenda. 

Questa premessa ci proietta verso la teoria, relativamente recente e nemmeno così famosa, della costruzione di nicchia. Essa permette di studiare e capire il rapporto tra l'uomo e il suo ambiente attraverso due chiavi di lettura: l'evoluzione biologica e culturale. Secondo Haeckel, l'ecologia è lo studio delle relazioni fra l'ambiente e i sistemi biologici, ma non riguarda un solo organismo ma gruppi di organismi. Queste relazioni non producono effetti unidirezionali (l'organismo che influenza l'ambiente, o viceversa), ma esistono delle interazioni reciproche. Questo serve per capire che non è solo l'uomo ad influenzare l'ambiente, ma anche lo stesso ha influenzato l'evoluzione umana.

Nel corso del tempo, sin dalla pubblicazione de L'Origine delle specie di Darwin, complice anche il nostro egoismo, antropocentrismo ed egocentrismo, abbiamo sempre cercato di divincolarci dalla natura, tanto da suddividere l'antropologia in fisica e culturale. Queste due forme vanno di pari passo, e anche grazie all'Ecologia Umana queste due dimensioni non vengono più divise perché, sostanzialmente, l'essere umano è un sistema integrato e completo, e necessitiamo di queste due dimensioni per capire ciò che accadde nel passato, e ciò che accadrà nel futuro.


Antropologia fisica VS Antropologia culturale

Sin dai tempi di Darwin, si considerava un peccato madornale inserire l'essere umano in un contesto naturale, tanto che l'Antropologia si separò in culturale (che utilizza parametri prettamente culturali, e in fisica (che utilizza parametri prettamente biologici). 

Evoluzione è sinonimo di cambiamento (e non di miglioramento), e da quando Darwin elaborò il meccanismo evolutivo de la Selezione Naturale, si sa benissimo che gli organismi sono strettamente legati all'ambiente, e che lo stesso seleziona organismi che casualmente possiedono già 'certe caratteristiche' che permettono di adattarsi all'ambiente che cambia. Ma, questa visione, non valeva per l'uomo in quanto lo stesso era in grado di reagire ai cambiamenti ambientali grazie alla sua mente, ed alla sua tecnologia. Ma, come ben vedrete, non sono dimensioni così distaccate, in quanto condividono 2 punti importanti:

-Una visione evolutiva;

-L'importanza nelle forme biologiche della variabilità.

Il primo a dare un contributo su questo "punto di vista", dopo Darwin, fu Thomas Huxley, che è considerato sostanzialmente il padre dell'antropologia, come scienza. Successivamente, ebbero voce in capitolo Spencer, un importante filosofo e sociologo, e due antropologi: Lewis Morgan ed Edward Taylor. Essi furono forti sostenitori dell'origine 'naturale' dell'uomo  e della sua evoluzione, tanto da considerare che alla base di tutti i processi evolutivi umani ci siano fenomeni di adattamento dinamico all'ambiente e alla sua variabilità, che portano man mano gli organismi a modificarsi nel corso del tempo. Naturalmente, tutto questo è legato a processi di selezione, al concetto di fitness (successo riproduttivo) e alla trasmissione di quei caratteri positivi che permettono la sopravvivenza delle specie.

Quindi, sostanzialmente, l'antropologia come branca scientifica, venne considerata (come si sta facendo tutt'ora) una sorta di mix di aspetti biologici e culturali che avrebbero permesso la sopravvivenza e l'esistenza dell'essere umano, tanto da considerare queste due dimensioni distinte ma simili, che rispondono in linea di massima a fattori simili:

1)L'adattamento biologico è soggetto alla selezione ambientale tramite, per esempio, la riproduzione che permette la trasmissione del patrimonio genetico;

2)L'adattamento culturale è soggetto anch'esso alla selezione ambientale con processi un po' diversi ma simili, come per esempio la comunicazione, che permette di trasferire il patrimonio culturale da generazione in generazione.

Esistono altri processi simili ma distinti, ma non abbiate paura perché riprenderemo questo argomento nei prossimi articoli in modo più approfondito. Come avete appena visto, già almeno un secolo e mezzo fa, vennero anticipate delle conoscenze che sono relativamente moderne. Infatti, il famosissimo Cavalli-Sforza, incominciò a considerare l'evoluzione culturale come una dimensione che risponde delle stesse regole dell'evoluzione biologica, dimensioni che "funzionano" in modo sincrono e sostanzialmente indipendente. Bene, poteva finire qui con questo lieto fine? No, purtroppo. Questo perché l'essere umano è un animale capace di complicarsi la vita inutilmente.

Nell'Inghilterra vittoriana, nel resto d'Europa e negli Stati Uniti, incominciò a comparire la cosiddetta "antropologia darwiniana", sostenitrice del fatto che sia la selezione naturale a controllare l'adattamento  sia biologico che culturale dell'uomo:

-Questo comporta un cambiamento diacronico dei sistemi biologici e culturali, cioè avvenivano in tempi diversi nonostante subissero la stessa 'pressione';

-La manifestazione sincrona, invece, è la variabilità delle popolazioni in relazione alla variabilità dell'ambiente.

Questo comporterebbe, però, una corrispondenza dei tratti culturali e biologici con quelli geografici e climatici. E così intervenne Ratzel, un geografo di origini tedesche che nel 1868 fece un po' di viaggi attorno al mondo interessandosi alle varie popolazioni umane allora conosciute. Così, qualche tempo dopo, pubblicò "l’Antropogeographie" che rispecchiava questo ' determinismo geografico-ambientale', e divenne apprezzato un po' ovunque nel mondo, anche grazie ad una professoressa  che seguì le lezioni di Ratzel. Si chiamava Ellen Churchill Sample, anch'essa professoressa di geografia, e scrisse “Influence of Geographic Environment”. Un'opera influenzata sia dallo stesso Ratzel che da Darwin, infatti dice è importante per l'uomo considerare il fattore geografico oltre a quello ambientale ed introdusse un concetto che ancora oggi non riusciamo a scrollarci di dosso, ovvero quello della razza (ricordando che in biologia la razza non esiste, in quanto è un concetto zootecnico che indica un incrocio artificiale. Al massimo si potrebbe parlare di sottospecie, ma non esistono all'interno della nostra specie). Questo perché, l'interazione fra "razza" e ambiente, genera variabilità all'interno della popolazione umana, e che il clima influenzerebbe la presenza di molte popolazioni in base al "colore della pelle", o ad altri caratteri ben visibili. Di base pensava che le differenze culturali ed anatomiche fossero associate al clima ed alla geografia, e che le culture/civiltà più avanzate si trovassero nella fascia temperata dell'emisfero nord. Inutile dire che questi studi portarono a molte e spregevoli disuguaglianze, al colonialismo (già in atto da tempo immemore) e ad altre aberrazioni varie solo in base ad effimeri caratteri anatomici che rispecchiano solo fenotipi diversi, espressi dagli stessi geni (ma ancora per queste tipologie di studio ci vorrà un po' di tempo). 

 La geografia a quel tempo appassionava molto gli studiosi, infatti una situazione parallela la troviamo con  Ellsworth Huntington, un geografo di Yale. Scrisse opere come "Civilization and Climate", dove asserisce che anche l'uomo stesso possa essere un'interessante variabile da considerare quando si parla dell'influenza geografica. Per esempio, riteneva fosse interessante mappare "il carattere umano" (sì, anche qui con un retrogusto coloniale), che viene espresso attraverso la civiltà. La presenza di civiltà più o meno avanzate dipendeva da vari fattori geografici e culturali, con il "sistema razza" che interagisce con l'ambiente.

Naturalmente, ci sono lavori più recenti basati sull'associazione statistica fra tratti geografici , climatici e culturali che aiutano a capire quali sono stati gli errori valutativi (oltre a quelli razziali) dei lavori citati precedentemente. Vi parlo brevemente di due lavori: 

1) "How geography influences complex cognitive ability F.R. León". Questo lavoro del 2015 si prefigge il compito di misurare abilità cognitive complesse con i vari fattori citati in precedenza, infatti sono stati misurati in base alla latitudine i vari valori di CCA  (Complex Cognitive Ability). Sostanzialmente, la ricerca mostra che la CCA cresce linearmente all'aumentare della latitudine Nord fino a 50-60°. Naturalmente, gli autori spiegano che associare due fattori non significa che gli stessi siano legati ad una relazione di causa-effetto diretto, come in questo caso con la latitudine (influenzata da vari fattori, o meglio si vi sono dei mediatori fisici, come la temperatura e l'umidità, altri legati alle correnti e altri ancora ad eventi astronomici);

2) Un altro interessante studio si chiama "The ecology of religious beliefs" (Botero et al., 2014). Sostanzialmente, è stata creata una "cartina geografica delle religioni", con alcune basate sul credo di divinità moralizzatrici, e quelle non moralizzatrici (sciamanesimo, ateismo, ecc.). Il risultato è che sembra esserci una relazione con l'ecologia e la distribuzione delle religioni. Questo ha dato modo a questi ricercatori, che hanno mescolato ecologia con le scienze sociali, di sottolineare che ci sono dei fattori storici che influenzano questa tipologia di studi.

Questo, però, ha fatto scattare la scintilla a chi Darwin non lo sopportava, come anche non sopportava il concetto di evoluzione che ha stravolto e messo in discussione l'uomo. Passiamo al XX secolo. Gli studi darwiniani diventano sempre più importanti all'inizio di questo secolo in quanto nuove tipologie di studio, come la genetica di popolazione, aiutano a capire più approfonditamente il concetto di evoluzione biologica. Allo stesso tempo, però, incomincia a prendere forma l'antropologia legata alla cultura che porrà un po' di paletti a questi concetti prettamente biologici. Ecco i punti da cui si distacca la 'corrente culturale':

1) Viene rifiutato e rigettato il darwinismo sociale, in quanto i processi evolutivi (come la selezione naturale) non avevano nessun effetto sulla cultura. Il rifiuto avvenne maggiormente dagli etnografi, per via del loro contatto diretto con le popolazioni;

2)Il rifiuto di concetti biologici applicati nella sfera culturale ha portato alla scissione dell'antropologia culturale da quella fisica, creando così un "nuovo punto di vista". Si elimina completamente la componente evolutiva, e si studia direttamente l'essere umano moderno, senza tenere conto delle vicende del passato;

3) L'antropologia culturale segue regole che sono legate alle scienze sociali, e non alla biologia. Questo porterà a trattare argomenti prettamente storico-funzionali. Sostanzialmente, la cultura è l'insieme di elementi creati dall'uomo, e come tali devono funzionare e portare benefici alla società. Questo, come ben vedete allontana anche da concetti legati alla biologia, come la casualità. 

Il risultato è che l'uomo, dopo questa scissione, risulta essere "smembrato" in due dimensioni differenti, che non collaborano tra di loro. A mettere benzina sul fuoco fu Franz Boas, un etnologo francese, considerato uno dei fautori di questa scissione, del determinismo ambientale e nel darwinismo culturale. Lui rifiuta la metodologia comparativa dell'evoluzionismo, sostenendo che ogni cultura è il risultato di interazione tra culture vicine e che crescono assieme, questo perché secondo lui le menti sono tutte uguali. Un allievo di Boas fu Alfred Kroeber, che estremizzò i pensieri del suo maestro: la civiltà, sostanzialmente, è un’entità a sé stante completamente distaccata dalla natura. 

Ci furono altri sostenitori di questa corrente, come  Claude Lévi-Strauss, etnologo e sociolofo francese che analizzò le popolazioni della Foresta Amazzonica, fondando successivamente l'antropologia strutturale. In parole povere, sostiene che la cultura non può essere ricondotta alla genetica, o alla ragione. La cultura è parte integrante dell'uomo, non è stata inventata per far fronte ad esigenze ambientali, e non può essere nata da eventi biologici ma dalla cultura stessa, che è sempre esistita. La cultura genera cultura.

 Questi personaggi hanno contribuito enormemente alla creazione di un mondo parallelo, culturale,  completamente slegato dalla componente biologica. Ciò, però, comporta una visione della storia umana divisa in due parti:

1) La prima, legata alla componente biologico-evolutiva, in cui l'elemento culturale è trascurabile;

2) La seconda, legata completamente alla componente culturale. 

Questa seconda parte ha favorito la comparsa di un pensiero che ancora oggi non riesce ad essere debellato: l'evoluzione biologica si deve essere fermata in concomitanza della comparsa della cultura, creando una sorta di stasi evolutiva (Biological Evolutionary Statis, BES) che si è innescata dopo il superamento di una soglia cognitiva. Ma questa parte ve la racconterò nel dettaglio nel prossimo articolo.

Conclusione ed anticipazione del prossimo articolo
Come vedete, lo studio dell'evoluzione umana e della sua componente ambientale è sempre stata contorta, difficile da studiare perché siamo sostanzialmente egocentrici ed antropocentrici. Non tutto gira attorno a noi, ma questa tipologia di pensiero influiva molto anche sugli studi del passato. Ho terminato qui l'articolo perché la parte sulla BES la voglio trattare nel dettaglio, in quanto citerò e parlerò di alcuni articoli che dimostrano che l'uomo, anche con tutta la tecnologia e cultura di questo mondo, biologicamente parlando continua ad evolversi (a cambiare) come tutti gli altri organismi. Questa seconda parte, poi, getterà completamente le basi sul concetto di 'costruzione di nicchia'.


Altre referenze

-Buskes C., 2013: Darwinism Extended: A Survey of How the Idea of Cultural Evolution Evolved.

-Mesoudi A., 2016: Cultural Evolution: A Review of Theory, Findings and Controversies. Evol Biol  43:481–497.

-Powell R., 2012: The Future of Human Evolution. Brit. J. Phil. Sci. 63, 145–175


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