venerdì 21 aprile 2023

4. Come spiegare con poche parole il concetto di evoluzione; la 'cultura' evolve come un organismo: parte #1



Nei precedenti post ho parlato della separazione dell'Antropologia Culturale da quella Fisica, e di come questa scissione abbia fornito una visione distorta dell'evoluzione, arrivando alla conclusione che l'uomo, con la comparsa della cultura, avrebbe smesso di evolvere. Naturalmente, tutto ciò non è assolutamente vero in quanto l'uomo continua ad evolversi, ma arrivati a questo punto dobbiamo fare anche un po' di chiarezza su questo concetto (lo affronterò in modo dettagliato in separata sede) prima di affrontare le prossime tematiche (riprendendo anche alcune tematiche come quelle inerenti all'HESA'). Se vi siete persi gli articoli precedenti, cliccate qui, qui e qui.

Bene, incominciamo! L’evoluzione biologica è un processo continuo, che ha avuto un inizio ma che non avrà una fine, o meglio ci sarà quando ogni organismo o entità biologica scomparirà. Ma, un pensiero diffuso è che ora, Homo sapiens, la nostra specie, si trovi in una situazione di stasi e senza "evolversi", cambiare, da quando le capacità culturali e tecnologiche sono migliorate. Non esiste nessun blocco, anche perché apparentemente e morfologicamente non vi sono sostanziali cambiamenti, infatti a livello paleoantropologico si indicano H. sapiens antichi, che possiedono un’anatomia simile alla nostra, come “Homo sapiens anatomicamente moderni”. Ma, a livello genetico e fisiologico i cambiamenti sono continui, e questo vale per tutte le specie, che sia un mammifero o un virus. Questo concetto di stasi viene confuso con un periodo nel quale non avvengono cambiamenti, e può avere una valenza fino ad un certo punto. Per esempio, Gould ha scoperto e studiato un meccanismo evolutivo che ha denominato “Gli equilibri punteggiati”. In parole povere, senza entrare troppo nella spiegazione del meccanismo, Gould spiega che se non vi sono determinate pressioni selettive che portano ad un mutamento rapido all’interno della popolazione di una data specie, come un cambiamento ambientale rapido, la popolazione apparentemente ed esternamente sembra non cambiare molto. Per questo sono contro il termine "fossile vivente", in quanto porta a pensare che un organismo possa non mutare per molto tempo.

Come spiegare in modo molto semplice il concetto di evoluzione? Evoluzione è sinonimo di cambiamento, non di miglioramento, e questo cambiamento è promosso dalle mutazioni (perlopiù casuali). Queste mutazioni, o la comparsa di nuovi geni o di altri fattori biologici (anche il cambiamento della struttura di un cromosoma, per esempio), verranno poi “smistati” all’interno di una popolazione attraverso i vari meccanismi evolutivi  (Selezione Naturale, Selezione Sessuale, Exaptations, Equilibri Punteggiati, ecc.) che “smistano”, selezionano certi organismi che possiedono già certe mutazioni o caratteristiche, dipendentemente dal fattore in gioco, rendendo una determinata mutazione/genotipo/fenotipo più o meno frequente all’interno di una popolazione di una data specie (non necessariamente in quest'ordine. Una certa mutazione può diventare anche frequente in un momento nel quale non ci sono pressioni selettive in gioco).

Ma la cultura e la cognizione umana, secondo le credenze popolari, avrebbero sopraffatto questi meccanismi evolutivi in quanto ci si appoggia al concetto di stasi evolutiva umana ("HESA"), un concetto diffusissimo in molte discipline, sia scientifiche che umanistiche.

Si parte dal presupposto che ci si confonda tra evoluzione naturale e meccanismo evolutivo, ma questo "pensiero distorto" lo apprendiamo sin da piccoli. Infatti, a scuola si impara che Darwin inventò l’evoluzione e che la chiamò Selezione Naturale, quando lui semplicemente descrisse uno dei tanti meccanismi che portano al cambiamento, tanto da descrivere anche il meccanismo della Selezione sessuale (questo non viene mai ricordato, però!)

Piccolo momento di sfogo: tutti tendono a chiamarla Teoria dell'Evoluzione, quando in realtà il nome completo è 'Teoria dell'evoluzione PER SELEZIONE NATURALE', infatti il più delle volte viene considerato questo fenomeno come sinonino di 'adattamento'. Evoluzione è sinonimo di cambiamento, non di adattamento o di miglioramento perché non ha un fine o uno scopo, ma è solamente un processo nel quale avviene una continua modificazione degli esseri viventi. O meglio, l'adattamento è una conseguenza dell'evoluzione. Il problema è che c'è un errore di fondo a livello culturale nel concepire cos'è realmente l'evoluzione biologica, e tendiamo sostanzialmente ad eliminare tutti i passaggi che ci sono tra il concetto di evoluzione e di adattamento. Infatti, la maggior parte delle persone citano Darwin come "colui che ha scoperto l'evoluzione", quando invece ha descritto un meccanismo evolutivo, cioè uno dei tanti modi in cui avviene il cambiamento. E Questo porta a pensare che l'evoluzione avvenga esclusivamente per Selezione Naturale, e che in assenza di essa non avvenga nessun cambiamento (senza contare che fenomeni di Selezione naturale sono comunque in atto in certe popolazioni. Per leggere l'articolo in merito, clicca qui!).

Quali sono i problemi legati a questa falsa credenza?

Punto 1. "Non tutto ha senso, non tutto deve avercelo". Utilizzo questa frase de l'Antico, personaggio del film Dottor Strange, perché racchiude molto il mondo dell'evoluzione. In primis compare la 'mutazione', che può essere casuale, o non casuale se tiriamo in ballo l'epigenetica (anche se è un discorso perlopiù proteico). Le mutazioni non sono necessariamente legate all'ambiente che al massimo seleziona solo ciò che è già presente (questo lo vediamo al punto 4).


Piccolo schema riassuntivo del meccanismo epigenetico. Fonte: Wikipedia


Punto 2. Le mutazioni, per avere una valenza all'interno del contesto evolutivo, deve interessare la popolazione di una specie, non il singolo organismo/individuo. Ciò che ne consegue è che:
  • una mutazione deve essere ereditabile;
  • deve diventare frequente all'interno di una popolazione (frequenza genica o allelica);
  • un organismo può trasmettere ciò se si riproduce;
  • non è detto che tutta la prole riceva le mutazioni dagli individui parentali, quindi la velocità con cui muta una popolazione può essere davvero variabile (in base alla fitness, quindi quanti figli fanno, alla durata della vita di una data specie, ecc.);
Punto 3. L'interazione tra i geni. Parlare di mutazione di un singolo gene non ha molto senso perché, tranne in rari casi, codificano per un solo carattere. Sostanzialmente, i geni codificano un qualcosa assieme e quasi mai singolarmente, quindi alcuni possono anche essere 'disattivati', altri 'attivati', e ciò può avvenire in tempi diversi (magari ci sarà un nuovo gene mutato che innescherà un qualcosa ai geni vicini). Ciò che va ricordato è che comunque, ogni popolazione di una data specie, possiede un bagaglio genetico che si accumula nel corso del tempo (si possono anche perdere geni), indipendentemente (non necessariamente) dai meccanismi evolutivi che "smistano" i geni che una data popolazione già possiede.
Punto 4. I meccanismi evolutivi. Essi, senza entrare troppo nei dettagli, setacciano i geni che sono già presenti in una data popolazione, e quindi un fenomeno esterno (come l'ambiente se si parla di Selezione Naturale) seleziona gli organismi che casualmente possiedono già mutazioni/geni comparsi in precedenza, e bisogna avere anche un po' di fortuna nel possederli. Se l'ambiente seleziona una data varietà, è perché quella varietà è in possesso di caratteristiche che già possedeva perché comparse centinaia, migliaia di anni prima.
E lo smistamento può avvenire secondo diversi meccanismi evolutivi:
-Selezione Naturale, quindi attraverso agenti ambientali (qui ricade il concetto di adattamento);
-Selezione Sessuale, che setaccia geni/caratteristiche che potrebbero risultare anche negative/sfavorevoli in certi contesti ambientali. Qui l'adattamento non c'entra proprio;
-Exaptation, o volgarmente conosciuto come "preadattamento". Qui entrano in gioco anche altri fattori che, sostanzialmente, forniscono ad un dato organo/ad una data caratteristica altri ruoli che non sono quelli codificati geneticamente. Per esempio, le penne e le piume sono caratteri 'exaptati' perché sono codificati geneticamente per svolgere un ruolo termoregolatore, ma aiutano gli uccelli anche nel volo.
Esistono tanti altri meccanismi evolutivi, e il più delle volte possono anche agire contemporaneamente. Ma possono anche non entrare in azione, ma ciò fino a qualche tempo fa (colpa anche della scissione dell'Antropologia culturale da quella fisica) portava a pensare che in questi momenti di "stasi", privi di qualsivoglia agente esterno, non accadesse nessuna modificazione. Ciò che si ignora è che un organismo (popolazione) muta anche internamente e in modo continuo. Le modificazioni non sono solo esterne o morfologiche in quanto la comparsa di mutazioni che magari non svolgono nessun ruolo, almeno al momento, compaiono in modo continuo. Anche a livello fisiologico si cambia molto. Quindi qui si parla di 'evoluzione stabilizzante', che potrebbe (non necessariamente) corrispondere ad un dato periodo nel quale i geni non vengo smistati da nessun tipo di meccanismo evolutivo (oppure agiscono in modi più "lievi").
Quindi, definire evoluzione come sinonimo di "adattamento", quindi sinonimo di Selezione naturale, non è proprio corretto perché non necessariamente un organismo muta esclusivamente quando entra in atto questo meccanismo (o un altro legato all'adattamento).

Schema iper iper iper riassuntivo del concetto di evoluzione biologica, sinonimo di cambiamento.



L'evoluzione è complicata, e se si semplificano troppo i concetti si rischia di dire idiozie. Per esempio, molti rimangono "stupefatti" quando leggono post fuorvianti del tipo "Leggete! Ecco le prove! L'uomo si sta evolvendo: le popolazioni del Sud-est asiatico sono in grado di vedere sott'acqua". Questo è un classico esempio di come si considera facilmente evoluzione biologica sinonimo di adattamento, e basterebbe parlare del meccanismo della Selezione Sessuale per capire che non è proprio così. Possono agire tanti meccanismi "smistatori di geni" anche assieme, e non esiste solo la Selezione Naturale come promotore del cambiamento.

Esistono diversi tipi di HESA, più moderati che abbracciano in minima parte i principi biologici dell’evoluzioni, e quella più estrema. Il problema di fondo è che si confonde evoluzione con Selezione naturale, pertanto nel testo vengono analizzati quelli che potrebbero essere dei fattori che “proteggono” dalla Selezione naturale:

  • Plasticità fenotipica. E’ una risposta a rapidi cambiamenti, i geni (che sono già presenti all’interno di una popolazione) si esprimono in modi differenti. Secondo HESA, una cognizione superiore rende virtualmente il cervello più plastico e reattivo ai cambiamenti, rendendo “non necessaria” un’evoluzione biologica;

  • Costruzione di nicchia. E’ una modifica attiva dell’ambiente selettivo, e con l’avanzare della tecnologia, l’uomo sarebbe stato capace di sopraffare o addirittura di invertire la Selezione naturale. E’ come se l’uomo fosse co-direttore del suo destino;

  • Trasmissione culturale. L’acquisizione e la trasmissione di variazioni non genetiche avvengono attraverso meccanismi di apprendimento sociale, e ciò necessita di una di un cervello molto sviluppato in grado di supportare una cognizione “superiore” e abilità linguistiche. Sostanzialmente, l’acquisizione e la trasmissione culturale potrebbero implicare un elemento di preveggenza o intenzionalità che non ha analoghi nella meccanicistica. Potrebbe anche essere questo il punto principale, in quanto l’evoluzione non è prevedibile, non ci è dato sapere quale mutazione comparirà e come essa verrà “smistata” dai meccanismi evolutivi.

Questi fattori non bloccano la Selezione naturale, o meglio al massimo la tamponano, ma HESA afferma che gli esseri umani sono “isolati” dalla selezione naturale.

Ma, sostanzialmente, esistono obiezioni contro la “stasi umana”:

  • Coevoluzione Gene-Cultura. Sia la versione forte che quella moderata dell'HESA sostengono che la selezione direzionale è stata effettivamente sostituita dalla costruzione di nicchie culturali, soprattutto dopo la rivoluzione neolitica. Si dubita in primis a questa affermazione in quanto la cultura non si limita a un ruolo contrastante di costruzione di nicchie; o meglio, alcuni autori sostengono che gli sconvolgimenti sociali e tecnologici dell'Olocene abbiano creato un ambiente selettivo dinamico che  ha aumentato, anziché ridurre, i tassi di evoluzione umana. Per esempio, l’allevamento che ha portato alla produzione di latte, ha generato pressioni selettive che hanno portato alla fissazione dei geni associati alla tolleranza del lattosio;

  • Plasticità ed evolvibilità. Si presume che la plasticità fenotipica agisca da scudo sui genotipi subottimali della selezione, rallenta il tasso di evoluzione adattativa e vincola la risposta alla selezione in ambienti variabili. Questo è uno dei presupposti centrali alla base dell'HESA, cioè l’estrema plasticità cognitiva e comportamentale sarebbe un ostacolo all'evoluzione direzionale e adattiva negli esseri umani moderni;

  • Il difetto concettuale centrale sia nell'HESA che nelle sue teorie detrattorie è che danno per scontata la stasi evolutiva, in quanto non riconoscono la Selezione stabilizzante come evoluzione e la combinazione di deriva e mutazione come una tendenza universale alla diversificazione nei sistemi biologici;

  • La Selezione stabilizzante è onnipresente e continuerà ad essere un fattore centrale nell'evoluzione di H. sapiens, così come è stata una forza onnipresente nella  storia della vita. Una delle scoperte più significative nella recente biologia evolutiva sono i “geni ox”, "geni di controllo  principali" omologhi che dirigono i processi di sviluppo generici come il modello degli arti e la morfogenesi degli occhi in gruppi lontani come vertebrati e artropodi, rimanendo funzionalmente attivi e intatti.

La cultura evolve come gli organismi, parte 1

Come avrete capito, la cultura non può essere scissa dalla biologia in quanto necessitano di collaborare per portare risultati più che soddisfacenti. Già con Julian Steward, agli inizi del secolo scorso, abbiamo una nuova visione per quanto riguarda la cultura, infatti elaborò alcune idee assolutamente compatibili con il neodarwinismo, anticipando delle tematiche piuttosto "moderne". E' riconosciuto, sostanzialmente, come il fondatore della "Cultural Ecology", e nella sua opera 'Theory of Culture Change" introduce un concetto tale da stravolgere i "concetti" culturali dell'epoca: l'evoluzione non è lineare. O meglio, è "multilineare". 


A destra Julian Steward 


Schema riassuntivo della "Cultural Ecology". Fonte immagine: Wikipedia


Questo tipo di approccio vale anche per le materie che studiano l'evoluzione culturale, come l'archeologia, ed ha dalla sua il fatto che questa sua visione non era prettamente teorica, ma applicabile osservando alcune popolazioni sudamericane. Naturalmente, ogni ricerca è "figlia del suo tempo", e gli studi di Steward risultavano incompleti, e per certi versi problematici. In primis, non riuscì a risolvere il problema che riguardava la definizione di cultura, tanto da descriverla come "un insieme di diversi elementi e di natura diversa", che all'interno di una società possono essere tanti e difficili da collocare o da 'decifrare'. 

Lui divide la cultura in 3 livelli. Analizziamoli brevemente dal livello più basso a quello più alto:

  1. Elementi tecnoeconomici: si tratta di cultura 'materiale', ed assume ruoli fondamentali all'interno di una società in quanto permette di risolvere problemi legati alla sussistenza;

  2. Elementi socio-politici: sono regole che permettono ai diversi individui di coesistere, quindi parliamo di leggi, abitudini, norme ecc.;

  3. Elementi ideologici: è l'insieme di tutte quelle idee che forniscono un'identità alla società.
Tutto questo, anche se apparentemente non sembra, c'entra e molto con l'evoluzione umana. Per esempio, nel Neolitico (per fare un esempio un po' più "concreto", anche se questo si può applicare anche a molte fasi pre-neolitiche), anche la cultura e le idee vengono trasmesse e trasferite in nuovi ambienti e alle nuove popolazioni, e sostanzialmente si ha il trasferimento di 'oggetti' tecnoeconomici, di materiale di vario genere, piante ed animali, ma anche di elementi ideologici e sociopolitici che coesisteranno con le altre società e culture, già presenti nei luoghi che vennero "colonizzati". 


Tutto questo lavoro, comunque, incomincia ad indicare che anche l'evoluzione culturale non è lineare ma multilineare, cioè si possono avere degli sviluppi diversi, anche indipendenti, che possono dipendere da piccolo cambiamenti ambientali. E' un bel "abbasso al determinismo". Quindi, come con gli organismi, popolazioni che vivono in ambienti simili possono differenziarsi dal punto di vista culturale, e anche parecchio.

Si susseguono altri protagonisti che possiedono idee simili a quelle di Steward, come per esempio lo psicologo evoluzionista Alex Mesoudi, autore della "Cultural evolution". Sostanzialmente afferma che l'evoluzione culturale non è altro che una teoria che prevede, in un modo o nell'altro, un cambiamento di tipo culturale all'interno della nostra specie. Questo cambiamento culturale può essere descritto attraverso concetti, strumenti, metodologie che vengono continuamente adoperati dai biologi evoluzionisti. In parole povere, lo stesso approccio biologico-evoluzionistico può essere applicato in ambito culturale.


Qui potete fare visita al suo sito nel caso foste interessati ad approfondire quest'aspetto (per il sito web di Mesoudi, clicca qui). Vi consiglio di leggere anche il libro in questione "cultural evolution"




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