Nei precedenti post ho parlato della separazione dell'Antropologia Culturale da quella Fisica, e di come questa scissione abbia fornito una visione distorta dell'evoluzione, arrivando alla conclusione che l'uomo, con la comparsa della cultura, avrebbe smesso di evolvere. Naturalmente, tutto ciò non è assolutamente vero in quanto l'uomo continua ad evolversi, ma arrivati a questo punto dobbiamo fare anche un po' di chiarezza su questo concetto (lo affronterò in modo dettagliato in separata sede) prima di affrontare le prossime tematiche (riprendendo anche alcune tematiche come quelle inerenti all'HESA'). Se vi siete persi gli articoli precedenti, cliccate qui, qui e qui.
Bene, incominciamo! L’evoluzione biologica è un processo continuo, che ha avuto un inizio ma che non avrà una fine, o meglio ci sarà quando ogni organismo o entità biologica scomparirà. Ma, un pensiero diffuso è che ora, Homo sapiens, la nostra specie, si trovi in una situazione di stasi e senza "evolversi", cambiare, da quando le capacità culturali e tecnologiche sono migliorate. Non esiste nessun blocco, anche perché apparentemente e morfologicamente non vi sono sostanziali cambiamenti, infatti a livello paleoantropologico si indicano H. sapiens antichi, che possiedono un’anatomia simile alla nostra, come “Homo sapiens anatomicamente moderni”. Ma, a livello genetico e fisiologico i cambiamenti sono continui, e questo vale per tutte le specie, che sia un mammifero o un virus. Questo concetto di stasi viene confuso con un periodo nel quale non avvengono cambiamenti, e può avere una valenza fino ad un certo punto. Per esempio, Gould ha scoperto e studiato un meccanismo evolutivo che ha denominato “Gli equilibri punteggiati”. In parole povere, senza entrare troppo nella spiegazione del meccanismo, Gould spiega che se non vi sono determinate pressioni selettive che portano ad un mutamento rapido all’interno della popolazione di una data specie, come un cambiamento ambientale rapido, la popolazione apparentemente ed esternamente sembra non cambiare molto. Per questo sono contro il termine "fossile vivente", in quanto porta a pensare che un organismo possa non mutare per molto tempo.
Come spiegare in modo molto semplice il concetto di
evoluzione? Evoluzione è sinonimo di cambiamento, non di miglioramento, e
questo cambiamento è promosso dalle mutazioni (perlopiù casuali). Queste mutazioni, o la comparsa
di nuovi geni o di altri fattori biologici (anche il cambiamento della struttura di un cromosoma, per esempio), verranno poi “smistati” all’interno di una popolazione
attraverso i vari meccanismi evolutivi (Selezione Naturale, Selezione Sessuale, Exaptations, Equilibri Punteggiati, ecc.) che
“smistano”, selezionano certi organismi che possiedono già certe mutazioni o caratteristiche,
dipendentemente dal fattore in gioco, rendendo una determinata
mutazione/genotipo/fenotipo più o meno frequente all’interno di una popolazione
di una data specie (non necessariamente in quest'ordine. Una certa mutazione può diventare anche frequente in un momento nel quale non ci sono pressioni selettive in gioco).
Ma la cultura e la cognizione umana, secondo le credenze
popolari, avrebbero sopraffatto questi meccanismi evolutivi in quanto ci si
appoggia al concetto di stasi evolutiva umana ("HESA"), un concetto
diffusissimo in molte discipline, sia scientifiche che umanistiche.
Si parte dal presupposto che ci si confonda tra evoluzione
naturale e meccanismo evolutivo, ma questo "pensiero distorto" lo apprendiamo sin da piccoli. Infatti, a scuola si impara che Darwin inventò l’evoluzione e che la chiamò Selezione Naturale, quando lui semplicemente descrisse uno dei tanti meccanismi
che portano al cambiamento, tanto da descrivere anche il meccanismo della
Selezione sessuale (questo non viene mai ricordato, però!)
Piccolo momento di sfogo: tutti tendono a chiamarla Teoria dell'Evoluzione, quando in realtà il nome completo è 'Teoria dell'evoluzione PER SELEZIONE NATURALE', infatti il più delle volte viene considerato questo fenomeno come sinonino di 'adattamento'. Evoluzione è sinonimo di cambiamento, non di adattamento o di miglioramento perché non ha un fine o uno scopo, ma è solamente un processo nel quale avviene una continua modificazione degli esseri viventi. O meglio, l'adattamento è una conseguenza dell'evoluzione. Il problema è che c'è un errore di fondo a livello culturale nel concepire cos'è realmente l'evoluzione biologica, e tendiamo sostanzialmente ad eliminare tutti i passaggi che ci sono tra il concetto di evoluzione e di adattamento. Infatti, la maggior parte delle persone citano Darwin come "colui che ha scoperto l'evoluzione", quando invece ha descritto un meccanismo evolutivo, cioè uno dei tanti modi in cui avviene il cambiamento. E Questo porta a pensare che l'evoluzione avvenga esclusivamente per Selezione Naturale, e che in assenza di essa non avvenga nessun cambiamento (senza contare che fenomeni di Selezione naturale sono comunque in atto in certe popolazioni. Per leggere l'articolo in merito, clicca qui!).
Quali sono i problemi legati a questa falsa credenza?
Punto 1. "Non tutto ha senso, non tutto deve avercelo". Utilizzo questa frase de l'Antico, personaggio del film Dottor Strange, perché racchiude molto il mondo dell'evoluzione. In primis compare la 'mutazione', che può essere casuale, o non casuale se tiriamo in ballo l'epigenetica (anche se è un discorso perlopiù proteico). Le mutazioni non sono necessariamente legate all'ambiente che al massimo seleziona solo ciò che è già presente (questo lo vediamo al punto 4).
- una mutazione deve essere ereditabile;
- deve diventare frequente all'interno di una popolazione (frequenza genica o allelica);
- un organismo può trasmettere ciò se si riproduce;
- non è detto che tutta la prole riceva le mutazioni dagli individui parentali, quindi la velocità con cui muta una popolazione può essere davvero variabile (in base alla fitness, quindi quanti figli fanno, alla durata della vita di una data specie, ecc.);
Esistono diversi tipi di HESA, più moderati che abbracciano
in minima parte i principi biologici dell’evoluzioni, e quella più estrema. Il
problema di fondo è che si confonde evoluzione con Selezione naturale, pertanto
nel testo vengono analizzati quelli che potrebbero essere dei fattori che
“proteggono” dalla Selezione naturale:
- Plasticità fenotipica. E’ una risposta a rapidi
cambiamenti, i geni (che sono già presenti all’interno di una popolazione) si
esprimono in modi differenti. Secondo HESA, una cognizione superiore rende
virtualmente il cervello più plastico e reattivo ai cambiamenti, rendendo “non
necessaria” un’evoluzione biologica;
- Costruzione di nicchia. E’ una modifica attiva
dell’ambiente selettivo, e con l’avanzare della tecnologia, l’uomo sarebbe
stato capace di sopraffare o addirittura di invertire la Selezione naturale. E’
come se l’uomo fosse co-direttore del suo destino;
- Trasmissione culturale. L’acquisizione e la trasmissione di variazioni non genetiche avvengono attraverso meccanismi di apprendimento sociale, e ciò necessita di una di un cervello molto sviluppato in grado di supportare una cognizione “superiore” e abilità linguistiche. Sostanzialmente, l’acquisizione e la trasmissione culturale potrebbero implicare un elemento di preveggenza o intenzionalità che non ha analoghi nella meccanicistica. Potrebbe anche essere questo il punto principale, in quanto l’evoluzione non è prevedibile, non ci è dato sapere quale mutazione comparirà e come essa verrà “smistata” dai meccanismi evolutivi.
Ma, sostanzialmente, esistono obiezioni contro la “stasi
umana”:
- Coevoluzione Gene-Cultura. Sia la versione forte che quella
moderata dell'HESA sostengono che la selezione direzionale è stata
effettivamente sostituita dalla costruzione di nicchie culturali, soprattutto
dopo la rivoluzione neolitica. Si dubita in primis a questa affermazione in
quanto la cultura non si limita a un ruolo contrastante di costruzione di
nicchie; o meglio, alcuni autori sostengono che gli sconvolgimenti sociali e
tecnologici dell'Olocene abbiano creato un ambiente selettivo dinamico che ha aumentato, anziché ridurre, i tassi di
evoluzione umana. Per esempio, l’allevamento che ha portato alla produzione di
latte, ha generato pressioni selettive che hanno portato alla fissazione dei
geni associati alla tolleranza del lattosio;
- Plasticità ed evolvibilità. Si presume che la plasticità
fenotipica agisca da scudo sui genotipi subottimali della selezione, rallenta il
tasso di evoluzione adattativa e vincola la risposta alla selezione in ambienti
variabili. Questo è uno dei presupposti centrali alla base dell'HESA, cioè
l’estrema plasticità cognitiva e comportamentale sarebbe un ostacolo all'evoluzione
direzionale e adattiva negli esseri umani moderni;
- Il difetto concettuale centrale sia nell'HESA che nelle sue
teorie detrattorie è che danno per scontata
la stasi evolutiva, in quanto non riconoscono la Selezione stabilizzante come
evoluzione e la combinazione di deriva e mutazione come una tendenza universale
alla diversificazione nei sistemi biologici;
- La Selezione stabilizzante è onnipresente e continuerà ad essere un fattore centrale nell'evoluzione di H. sapiens, così come è stata una forza onnipresente nella storia della vita. Una delle scoperte più significative nella recente biologia evolutiva sono i “geni ox”, "geni di controllo principali" omologhi che dirigono i processi di sviluppo generici come il modello degli arti e la morfogenesi degli occhi in gruppi lontani come vertebrati e artropodi, rimanendo funzionalmente attivi e intatti.
Come avrete capito, la cultura non può essere scissa dalla biologia in quanto necessitano di collaborare per portare risultati più che soddisfacenti. Già con Julian Steward, agli inizi del secolo scorso, abbiamo una nuova visione per quanto riguarda la cultura, infatti elaborò alcune idee assolutamente compatibili con il neodarwinismo, anticipando delle tematiche piuttosto "moderne". E' riconosciuto, sostanzialmente, come il fondatore della "Cultural Ecology", e nella sua opera 'Theory of Culture Change" introduce un concetto tale da stravolgere i "concetti" culturali dell'epoca: l'evoluzione non è lineare. O meglio, è "multilineare".
Questo tipo di approccio vale anche per le materie che studiano l'evoluzione culturale, come l'archeologia, ed ha dalla sua il fatto che questa sua visione non era prettamente teorica, ma applicabile osservando alcune popolazioni sudamericane. Naturalmente, ogni ricerca è "figlia del suo tempo", e gli studi di Steward risultavano incompleti, e per certi versi problematici. In primis, non riuscì a risolvere il problema che riguardava la definizione di cultura, tanto da descriverla come "un insieme di diversi elementi e di natura diversa", che all'interno di una società possono essere tanti e difficili da collocare o da 'decifrare'.
Lui divide la cultura in 3 livelli. Analizziamoli brevemente dal livello più basso a quello più alto:
- Elementi tecnoeconomici: si tratta di cultura 'materiale', ed assume ruoli fondamentali all'interno di una società in quanto permette di risolvere problemi legati alla sussistenza;
- Elementi socio-politici: sono regole che permettono ai diversi individui di coesistere, quindi parliamo di leggi, abitudini, norme ecc.;
- Elementi ideologici: è l'insieme di tutte quelle idee che forniscono un'identità alla società.
Tutto questo lavoro, comunque, incomincia ad indicare che anche l'evoluzione culturale non è lineare ma multilineare, cioè si possono avere degli sviluppi diversi, anche indipendenti, che possono dipendere da piccolo cambiamenti ambientali. E' un bel "abbasso al determinismo". Quindi, come con gli organismi, popolazioni che vivono in ambienti simili possono differenziarsi dal punto di vista culturale, e anche parecchio.
Si susseguono altri protagonisti che possiedono idee simili a quelle di Steward, come per esempio lo psicologo evoluzionista Alex Mesoudi, autore della "Cultural evolution". Sostanzialmente afferma che l'evoluzione culturale non è altro che una teoria che prevede, in un modo o nell'altro, un cambiamento di tipo culturale all'interno della nostra specie. Questo cambiamento culturale può essere descritto attraverso concetti, strumenti, metodologie che vengono continuamente adoperati dai biologi evoluzionisti. In parole povere, lo stesso approccio biologico-evoluzionistico può essere applicato in ambito culturale.
Qui potete fare visita al suo sito nel caso foste interessati ad approfondire quest'aspetto (per il sito web di Mesoudi, clicca qui). Vi consiglio di leggere anche il libro in questione "cultural evolution"
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