Questo è il primo di una serie di articoli incentrati su argomenti prettamente anatomici, volti a fornire conoscenze sul mondo dei primati e, in particolare, sulla differenza o similitudine a livello anatomico tra noi Homo sapiens e gli altri gruppi di primati. Non sarà un lavoro filogenetico, quindi non risponderò a domande del tipo "quando è comparsa una certa caratteristica e in quale gruppo", ma semplicemente si tratterà di una comparazione tra varie strutture per evidenziare se ci sono o meno punti in comune. Non preoccupatevi, la parte prettamente evolutiva e filogenetica sarà trattata nella sezione dedicata alla Paleoantropologia. Bene, incominciamo!
Come dicevo prima, accantoniamo (per modo di dire) la componente evolutiva, soffermandoci solo sul contesto anatomico. Quindi, possiamo partire dal presupposto che esistono diverse tipologie di locomozione nel mondo dei primati, ed il più delle volte è difficile dire quale sia una locomozione derivata o arcaica. Possiamo dire con assoluta certezza, però, che i primati possono adottare diversi tipi di locomozione in base alle loro capacità fisiche o al contesto ambientale. Ad esempio, anche il bipedismo non compare solo negli ominini e non si "affina" sempre di più (maledetta e fuorviante scala evolutiva!), ma è un carattere che si è sviluppato in modo indipendente anche in altri gruppi di primati. Come sempre, cerco di ribadire che evoluzione è sinonimo di cambiamento, e non di miglioramento. E qui, prima di affrontare un discorso prettamente anatomico, incomincio ad aggiungere un tassello importante che deve essere affrontato prima di qualsivoglia comparazione: L'uomo è un organismo imperfetto (come tutti, del resto!), e sono molte le caratteristiche che lo denotano. In questo caso, possiamo benissimo citare un paio di problematiche legate alla colonna vertebrale, ma prima facciamo un salto indietro di 8 milioni di anni circa.
Qual era la formula vertebrale dell'antenato comune tra uomo e scimpanzé? La colonna vertebrale, come ben sappiamo, è legata al piano corporeo e alla locomozione nei vertebrati, ma nei primati è di vitale importanza per rispondere un po' a quelle domande che ci poniamo quando parliamo di bipedismo, per esempio, o trattiamo adattamenti. La formula vertebrale ci dice, in sostanza, quale tipologia di vertebra è presente in un dato organismo e quante ce ne sono e ciò, come nel caso dei primati, ci permette di ricostruire le varie parentele (filogenesi) tra i primati estinti ed odierni. Quindi, in questo studio, è stato utilizzato un particolare approccio metodologico per "conteggiare" le vertebre di primati ancestrali, e capire un po' cos'è successo ai primati successivi. Per cominciare, l'antenato comune tra il lignaggio dell'uomo e dello scimpanzé, vissuto 8-6 milioni di anni fa circa, possedeva questa formula vertebrale:
- 7 vertebre cervicali;
- 13 vertebre toraciche;
- 4 vertebre lombari;
- 6 vertebre sacrali.
In sostanza, nel corso del tempo i due lignaggi (uomo e scimpanzé) sono stati caratterizzati da una modificazione del 'conteggio' delle vertebre, una sinapomorfia (una caratteristica nuova comune a più specie) caratterizzata dalla riduzione delle vertebre lombari e da un aumento di quelle sacrali. Un ulteriore riduzione del 'conteggio' si verifica anche negli oranghi, ma qui possiamo parlare di convergenza evolutiva in quanto l'antenato uomo-scimpanzé, e il lignaggio degli oranghi, si 'divisero' ben prima. E' accaduto analogamente anche nelle scimmie africane, e ciò evidenzi quanto sia complicata questa metodologia, soprattutto per poter provare a conteggiare le vertebre di ominini più recenti, in quanto in poco tempo possono essere avvenuti cambiamenti di cui si sa ancora poco
Per la fonte, clicca quiTorniamo alle nostre 'problematiche'. La colonna vertebrale si è sviluppata in modo parallelo rispetto al terreno proprio per sorreggere il corpo, come possiamo notare nei primi tetrapodi: il peso gravitativo era scaricato su tutti e 4 gli arti e non su 2 arti, come in Homo sapiens e in altri ominini. Nell'evoluzione umana e nei primati, soprattutto quando incomincia ad essere presente un tipo di locomozione bipede, possiamo notare come la colonna vertebrale non sia più parallela ma è sostanzialmente perpendicolare portando la testa al di sopra della colonna, che avrà una forma ad "S" (più o meno). Durante la storia della nostra vita, si sono sviluppati indipendentemente anche altri caratteri, come la comparsa di un cranio più grande e, di conseguenza, più pesante. Aumenta il carico sulla colonna e di conseguenza "la S diventa più marcata (o meglio, si comprime), incurvata, portando a problemi di lordosi e di cervicale (le vertebre cervicali sono le prime 7 al di sotto del cranio). Insomma, più il cranio (ed il cervello) è grande e più peggiorano i problemi di schiena che oggi conosciamo, soprattutto se si cammina in modo eretto come fa H. sapiens. Evoluzione è sinonimo di cambiamento, non è assolutamente sinonimo di miglioramento, altrimenti non avremmo questi 'problemi' alla schiena. Se vogliamo, è un 'compromesso evolutivo', come ne esistono e ne sono esistiti tantissimi altri nel corso della storia della vita.
Le tracce di lordosi sono antichissime e sono state associate anche alla specie 𝘼𝙪𝙨𝙩𝙧𝙖𝙡𝙤𝙥𝙞𝙩𝙝𝙚𝙘𝙪𝙨 𝙨𝙚𝙙𝙞𝙗𝙖 (per la ricerca, clicca qui). Le tracce di lordosi sono antichissime e sono state associate anche alla specie 𝘼𝙪𝙨𝙩𝙧𝙖𝙡𝙤𝙥𝙞𝙩𝙡𝙚𝙘𝙪𝙨 𝙨𝙚𝙙𝙞𝙗𝙖. La locomozione bipede non è una capacità esclusiva della nostra specie e del genere Homo, in quanto molti ominini, come ad esempio le australopitecine, o il lontanissimo parente 𝙊𝙧𝙚𝙤𝙥𝙞𝙩𝙝𝙚𝙘𝙪𝙨 𝙗𝙖𝙢𝙗𝙤𝙡𝙞𝙞, erano capaci di camminare in modo eretto (anche se in modo facoltativo). Molte specie, comprese le più arcaiche del genere Homo, erano anche in grado di arrampicarsi, oltre ad essere in grado di camminare in modo bipede. Questo per focalizzarci su un punto importantissimo:
L'evoluzione non è lineare; non si è passati da una locomozione quadrupede e sulle nocche per poi "camminare" in modo sempre più eretto. La locomozione bipede è comparsa nell'ordine dei primati già molti milioni di anni fa. Le diverse locomozioni sono legate ai diversi ambienti che hanno caratterizzato l'evoluzione dei primati, e molti di essi (come accennato prima) erano capaci sia di arrampicarsi, di essere arboricoli come buona parte dei primati, e di camminare come l'uomo.
Di recente è stato scoperto che 𝘼. 𝙨𝙚𝙙𝙞𝙗𝙖 era in grado di compiere queste due azioni perfettamente. Sono state rinvenute vertebre della regione lombare, datate 2 milioni di anni circa, appartenenti a questa specie che mostrano un adattamento misto. Un segnale di "locomozione bipede" è la lordosi, una condizione molto presente nella nostra specie in quanto la colonna vertebrale non è parallela rispetto al terreno, ma è perpendicolare allo stesso, con la testa che si "infila" sopra la colonna formando una sorta di S. Il peso del cranio porta quindi la regione lombare ad inarcarsi maggiormente. La lordosi, quindi, "affliggeva" anche la specie 𝘼. 𝙨𝙚𝙙𝙞𝙗𝙖 e, come mostrato dalle faccette intervertebrali della colonna lombare superiore e inferiore, era una lordosi molto simile a quella della specie Homo neanderthalensis.
Insomma, la regione lombare è pressoché identica a quella della specie H. sapiens, mentre il corpo vertebrale sembra essere una forma intermedia tra l'uomo moderno e le grandi scimmie. C'è anche da aggiungere che la colonna porta lunghi processi costali, trasversali, orientati cranialmente e ventralmente, che indicano una muscolatura potente del tronco, un adattamento tale da poter permettere ad 𝘼. 𝙨𝙚𝙙𝙞𝙗𝙖 una locomozione sia bipede che arboricola, e di conseguenza un adattamento ad ambienti diversi, come quello forestale oppure come la savana (ambienti più aperti).
Attenzione, non si parla di locomozione (almeno in parte) ma della capacità di stare in piedi, con una colonna vertebrale perpendicolare al terreno.
È stato ricostruito digitalmente il primo tessuto molle di un ominino, ed è stato possibile grazie alle scansioni di Lucy che hanno permesso di costruire un modello in 3D dei muscoli delle gambe e del bacino. Questo è un aspetto molto importante in quanto il tessuto molle difficilmente si fossilizza, ed è estremamente raro trovarne tracce nei primati fossili. Questa metodologia a ‘modellazione poligonale tridimensionale’ può risolvere questo gap per ricavare informazioni che non si sono preservate durante la fossilizzazione. Sono stati presi in esame 36 muscoli del bacino e dell’arto inferiore, ed insieme ad altri dati scheletrici (come i segni sull’osso dei muscoli e le scansioni di questo ominino abbastanza completo) è stato costruito un modello 3D scheletrico-muscolare che è stato comparato con quello dell'𝙃. 𝙨𝙖𝙥𝙞𝙚𝙣𝙨. In primis questo metodo dimostra come queste ‘ricostruzioni volumetriche’ possano essere necessarie in quest’ambito di studi in quanto ci permettono di capire quale doveva essere lo spazio occupato dal muscolo, quindi per ricostruire la muscolatura. Le ‘braccia del momento’ (o momento di una forza, è un’unità di misura che è data dal prodotto di una forza e una lunghezza chiamata ‘braccio’) di Lucy sono comparabili a quelle di un essere umano moderno, suggerendo una funzionalità simile degli arti. Quindi, era caratterizzata da una postura ‘eretta’. Ma riassumiamo brevemente i risultati:
- c'erano alcune differenze nella capacità muscolare del bacino e degli arti, e in sostanza si può dire che Lucy (e la specie 𝘼. 𝙖𝙛𝙖𝙧𝙚𝙣𝙨𝙞𝙨) fosse caratterizzata da una postura eretta;
- viene suggerito che non camminasse, almeno in parte, con una postura ‘accovacciata’, anche se sulla locomozione vera e propria si dovranno aspettare altri studi inserendo altri parametri muscolari, come ad esempio la lunghezza del tendine, ma al momento lo studio suggerisce che fosse anche capace di camminare in modo eretto;
- ciò che ne consegue dalla ‘leva muscolare’ è che 𝘼. 𝙖𝙛𝙖𝙧𝙚𝙣𝙨𝙞𝙨 fosse molto simile agli scimpanzé e ai bonobo per quanto riguarda la locomozione: era in grado di stare in piedi con la colonna vertebrale perpendicolare al terreno, ed usare l’arto anche per la brachiazione. Era un bipede efficiente? Non si sa ancora con certezza, ma poteva tranquillamente ‘scegliere’ quale tipologia di locomozione utilizzare.
Ricostruzione della muscolatura di Lucy. Per la fonte, clicca qui |
Arrivati a questo punto, qualcuno potrebbe chiedersi: nel genere Homo, quindi, si perde completamente la capacità di svolgere o adottare altre tipologie di locomozione? Non è proprio così, e prenderò come esempio Homo naledi, una specie che possedeva abilità pari a quelle di un maratoneta, capace anche di arrampicarsi. Non ho preso in considerazione specie come Homo habilis e Homo rudolfensis, in quanto sono specie, anatomicamente e temporalmente parlando, più simili e "vicine" alle australopitecine che alle specie più derivate del genere Homo. Era in grado di camminare per lunghe distanze e, all'occorrenza, correre in modo sostenuto, simile ad un maratoneta. Un adattamento tipico del nostro genere che ha permesso a molte specie di diffondersi un po' ovunque, sia in Africa che fuori dal vecchio continente.
- condivide con le australopitecine un collo femorale compresso anteroposteriormente, un collo fibulare relativamente circolare e una tibia compressa mediolateralmente;
- condivide con il genere Homo una linea aspera molto marcata, tibie relativamente lunghe, fibule sottili/gracili con malleoli laterali orientati lateralmente e rotule spesse anteroposteriormente.
- caratteristiche tipiche e uniche della specie stessa sono la presenza di due "pilastri" nella parte superiore del collo femorale e un'inserzione distale tubercolare del pes anserinus (inserzione dei muscoli sartorio) sulla tibia. La morfologia a mosaico della coscia sembra essere coerente ad una specie intermedia tra le australopitecine e H. erectus, e di conseguenza ci può dare informazioni sulla natura dei primi individui appartenenti al genere Homo. Senza contare, senza entrare nel discorso relativo alla "mano", che verrà trattato in un altro articolo, questa specie era in grado di arrampicarsi.
Le diverse tipologie di locomozione, almeno questo posso dirvelo senza mandarvi troppo in confusione, sono caratterizzate, in primis, da una diversa posizione del baricentro. Infatti, è arretrato nei primati 'arborei', poiché queste specie sono state selezionate in un contesto nel quale è necessario evitare che il corpo 'penda in avanti', rischiando la caduta da altezze considerevoli. La condizione ottimale in questi ambienti è quella del quadrupedismo primitivo, tipica degli antenati delle cosiddette 'proscimmie' (Ho parlato in modo approssimativo della sistematica dei primati qui). Morfologie tipiche di un primate arboricolo sono:
- Dita lunghe e flessibili, con 'mani' caratterizzate da un pollice opponibile. Questo indica che la 'presa' svolge un ruolo fondamentale per spostarsi da un albero all'altro;
- Arti posteriori caratterizzati da ossa più lunghe di quelle anteriori, e ben sviluppati tali da fornire una grande capacità nel salto;
- La coda non è un ornamento, ma è un organo funzionale che svolge molti ruoli: può mantenere il corpo in equilibrio durante il salto o su un ramo, e svolge anche un ruolo prensile (è una sorta di 'quinto arto').
Esiste anche il "quadrupedismo terragnolo", caratterizzato da quei primati capaci sostanzialmente di arrampicarsi sugli alberi, ma che passano buona parte del loro tempo "per terra". In sostanza, utilizzano tutti e 4 gli arti per muoversi, e parliamo di primati che possono raggiungere dimensioni ragguardevoli, anche perché primati "pesanti" e di grosse dimensioni avrebbero qualche difficoltà a spostarsi da un ramo all'altro. Una caratteristica "secondaria", che ha a che fare in modo indiretto con questa locomozione, è che i primati che camminano con tutti e 4 gli arti sono caratterizzati da strutture sociali complesse. Oltre al quadrupedismo, troviamo anche la brachiazione primitiva, che è caratterizzata da un movimento sui rami da parte degli arti anteriori, generalmente più sviluppati rispetto a quelli posteriori. L'arto anteriore è, quindi, più allungato rispetto a quello posteriore, e di conseguenza la locomozione non è caratterizzata da 'salti' come nel quadrupedismo primitivo. Per riassumere, le falangi sono lunghe, caratterizzate da polpastrelli e unghie, e la spalla è modificata rispetto ai "quadrupedi primitivi" tale da sorreggere il corpo e da permettere agli arti di muoversi in modo più plastico rispetto a un "quadrupede primitivo". Possiamo avere 2 "varianti" di questa locomozione:
Brachiazione specializzata. Solo gli arti anteriori svolgono un ruolo nella locomozione, come nelle Hylobatinae. Morfologicamente parlando, i brachiatori specializzati possiedono:
- Dita molto lunghe e a "gancio";
- Pollici ridotti;
- Arti anteriori molto lunghi tali da presentare modificazioni strutturali considerevoli alla spalla e al braccio;
- Gli arti inferiori sono molto accorciati, e ciò non permette "l'effetto pendolo" (riescono ad arrampicarsi sui rami senza "contraccolpi");
- In genere non è presente la coda.
Brachiazione modificata. L'uso delle nocche è fondamentale in questa particolare locomozione, e caratterizza primati come i pongidi. Anch'essi sono caratterizzati dall'assenza della coda e possiedono una locomozione mista, in quanto sono anche in grado di arrampicarsi sugli alberi. L'arto anteriore è più lungo di quello posteriore, e da qui deriva la postura clinodroma. In parole povere, l'avanzamento del corpo avviene con l'ausilio delle nocche. La locomozione che più caratterizza la nostra specie è il bipedismo, ed è una locomozione caratterizzata da una postura ortogroda, e qui vediamo una situazione leggermente diversa: gli arti posteriori sono più lunghi rispetto a quelli anteriori. Australopithecus sp. e Homo sp. sono caratterizzati da un bipedismo obbligato (non per tutte le australopitecine, sia chiaro!) e non facoltativo, infatti, l'arto anteriore perde funzioni legate alla mobilità. La colonna vertebrale è sostanzialmente eretta e la locomozione è caratterizzata da "passo alternato".
Parliamo un po' di...ossa
Premessa: citerò alcune componenti ossee e le funzioni che svolgono, ma non entrerò troppo nel dettaglio in quanto è difficile parlare solo di anatomia in un articolo del genere. Rimane il fatto che lo studio dello scheletro è molto importante per comprendere la relazione tra i primati odierni e antichi e l'uomo. Non è comunque un lavoro immediato perché bisogna sempre tenere conto di due componenti importanti che riguardano la biodiversità dello scheletro:
Ontogenesi: tutti noi nasciamo in un certo modo e, quando diventiamo grandi, sviluppiamo certe caratteristiche che i bambini non possiedono, come la barba o la peluria sul corpo, e viceversa. Anche il cranio di un bambino ha una forma diversa da quello di un adulto, così come molte altre componenti anatomiche. L'ontogenesi, sostanzialmente, è un lungo percorso che parte dallo stadio embrionale fino allo stadio adulto, e ogni stadio presenta caratteristiche peculiari.
Dimorfismo sessuale: si intende la differenza morfologica che esiste tra gli individui appartenenti alla stessa specie, ma di sesso diverso. Ad esempio, si può parlare della presenza o assenza di un dato carattere, come la coda del pavone maschio, oppure della differenza nelle dimensioni corporee (l'individuo maschile è più grande di quello femminile, come nella maggior parte degli elefanti, oppure si può notare l'esatto contrario come in molte specie di aracnidi). Il dimorfismo in H. sapiens non è così "spettacolare" come in altre specie animali, tanto da riflettere il dimorfismo presente in buona parte dei primati (la diversa vocalizzazione e dimensione corporea, un bacino più largo e inclinato per le femmine, ecc.).
Quindi, sostanzialmente, quando si compiono questi studi, bisogna capire se due o più soggetti di studio appartengono a specie diverse, se si tratta di variabilità intraspecifica o di dimorfismo sessuale. Sono concetti che riprenderò anche con le altre componenti, tranquilli! Ritorniamo allo scheletro. In quest'articolo, non possiamo non citare il rachide, una componente corporea che svolge un ruolo di sostegno per la testa e di protezione del midollo spinale. Per semplificare il discorso, consideriamo con rachide l'insieme della colonna vertebrale, i dischi intervertebrali, muscoli ecc. caratteristici di questa struttura "dorsale".
E' importante sapere tutto questo perché, dal punto di vista evolutivo, come possiamo notare nei pesci o in vertebrati come gli ittiosauri, esistono due tipologie di rachide: uno flessibile, che fornisce una sorta, appunto, di flessibilità; uno rigido, che permette di resistere alla forza di gravità. Ma questo discorso possiamo comprimerlo nel contesto dei primati, infatti, nei primati saltatori, il rachide è flessibile proprio perché permette di eseguire balzi o "una spinta in più", quindi un primate brachiatore possiede un rachide più flessibile rispetto a un primate bipede o quadrupede (qui, poi, entrano in gioco anche le dimensioni corporee e generalmente i primati con un rachide più rigido sono anche più 'grandi' fisicamente). Vediamo altre componenti importanti per quanto riguarda il rachide e la locomozione:
- I Dischi vertebrali: Garantiscono (e garantiscono) una maggiore elasticità al corpo dorsale, in quanto svolgono dei ruoli da "ammortizzatori".
- I Processi Spinosi: Forniscono maggiori inserzioni ai muscoli dorsali, e la loro presenza rende, appunto, più "potenti" i muscoli. Questo è importante perché non tutta la colonna vertebrale possiede la stessa elasticità in tutti i punti; infatti, la parte toracica è più rigida perché è "avvolta" dalle costole, mentre le parti cervicali e lombari hanno una maggiore mobilità.
- I Processi Spinosi: Forniscono maggiori inserzioni ai muscoli dorsali, e la loro presenza rende, appunto, più "potenti" i muscoli. Questo è importante perché non tutta la colonna vertebrale possiede la stessa elasticità in tutti i punti; infatti, la parte toracica è più rigida perché è "avvolta" dalle costole, mentre le parti cervicali e lombari hanno una maggiore mobilità.
Dopo aver accennato ad alcune componenti anatomiche, anche se in modo un po' generale, possiamo quindi capire che la biomeccanica della locomozione è cambiata nel corso del tempo, soprattutto con la comparsa del bipedismo e della "verticalizzazione" del corpo. Con un "corpo verticale", il peso, come citato nel discorso della lordosi, viene scaricato dall'alto verso il basso; quindi, organismi dotati di sottili e piccole vertebre non sono capaci di svolgere nessun tipo di "camminata". Le vertebre per i camminatori obbligati o facoltativi sono quindi più grandi, forniscono maggiori inserzioni muscolari, e la colonna vertebrale si diversifica regionalmente. Infatti, come citato prima, le ultime vertebre possiedono un grosso corpo e riescono a sostenere sostanzialmente il peso della colonna vertebrale. Come nella nostra specie, queste ultime vertebre si fondono formando il Sacro, che fornisce una maggiore robustezza e solidità al bacino (pelvi).
La colonna vertebrale, lo avrete capito, svolge un ruolo fondamentale nei primati e nei vertebrati in generale. Come per i primi tetrapodi che popolarono la terraferma nel carbonifero, o comunque per qualsiasi animale caratterizzato da una locomozione quadrupede, il rachide (o comunque tutta la struttura post cranica) svolge un ruolo di "architrave" con il peso che viene scaricato sui 4 arti. Dovete immaginare un po' la struttura di un ponte, una struttura orizzontale rinforzata tale da non "piegarsi". In altri primati, come scimpanzé o l'uomo, la situazione è un po' più diversa:
- Un primate come uno scimpanzé è caratterizzato da un asse inclinato, quindi il peso si scarica parzialmente lungo la colonna vertebrale;
- Nell'uomo tutto il peso si scarica lungo la colonna vertebrale (e sulle gambe). Il problema è che l'uomo si trova in una sorta di "instabilità continua" per evitare che il baricentro esca dall'area dei piedi, e tutto questo è aiutato anche da un aumento delle dimensioni del corpo vertebrale, relazionato all'aumento del carico di compressione. Come detto prima, maggiore è il peso scaricato lungo la colonna (come il nostro cranio, che non è proprio così 'leggero') e maggiore sarà robusto il sacro. Questa caratteristica può aiutare molto i paleoantropologi per stimare, almeno in parte, la grandezza del cranio e capire qualcosa sulla locomozione.
Il cranio sul Rachide. Ecco, ora ci colleghiamo un po' a ciò che avete letto nell'ultimo punto in quanto la posizione del cranio sul Rachide è di fondamentale importanza per capire tanti aspetti sulla locomozione dei primati, e degli animali in generale. Per non addentrarci troppo nella parte evoluzionistica, possiamo sostanzialmente dire che l'evoluzione umana è stata caratterizzata da un trend evolutivo molto importante: l'anteriorizzazione del Forame Magno.
Prima di addentrarci in questo discorso, è meglio chiarire un attimo cosa si intende con 'trend evolutivo'. I cosiddetti "trend evolutivi" sono in paleontologia modificazioni costanti nel tempo, non necessariamente legati o selezionati dai meccanismi evolutivi. Per esempio, certi gruppi possono subire modificazioni costanti per quanto riguarda le dimensioni, quindi una specie arcaica può effettivamente sembrare/essere più piccola rispetto ad una specie derivata. Non è assolutamente 'lamarckismo', ma una continua selezione di caratteri perlopiù non adattativi (ma non è da escludere che possano risultare 'positivi' in certi contesti, come in quelli insulari). Ritorniamo all'anteriorizzazione del Forame Magno. Si tratta, nella nostra specie, di un foro che si apre nella superficie inferiore del cranio (nell'osso occipitale, per la precisione) ed è posizionato alla base della scatola cranica e mette in comunicazione il cranio con la prima vertebra della colonna vertebrale. Senza addentrarci troppo in questioni anatomiche, per quanto riguarda la locomozione dei primati dobbiamo un po' ragionare in termini di leva e fulcro. Analizziamo passo per passo questo discorso:
- Nei primati quadrupedi, la leva della resistenza è molto lunga mentre la leva della potenza è corta. Quindi, è necessario un contrappeso, bello forte, come i Muscoli Nucali, che possa equilibrare il cranio (senza farlo oscillare troppo) e la colonna vertebrale (che è posta orizzontalmente, più o meno). Possiamo fare l'esempio del ponte, ma anche quello di una gru può andare bene. Infatti, le gru presentano nella loro struttura una sorta di "blocco di cemento" (l'equivalente dei Muscoli Nucali) che non permette alla struttura di 'cadere all'indietro' (o in avanti. Sinceramente, non sono un esperto di gru), ed il tutto è equilibrato da un contrappeso ;
- In primati come gli scimpanzé, caratterizzati da un asse inclinato, il peso della testa è più bilanciato in quanto il forame si trova in una posizione più avanzata e anteriore rispetto ad un quadrupede. Qui troviamo un contrappeso (Muscoli Nucali) meno sviluppato rispetto alla condizione quadrupede;
- Nella nostra specie il Forame Magno si trova in una posizione anteriorizzata molto avanzata, tale da permettere alla testa di essere "appoggiata" sulla colonna vertebrale, quindi scaricando praticamente il peso su di essa senza l'ausilio di contrappesi così sviluppati, come nelle altre condizioni. Basandoci sui resti ossei, un individuo bipede è caratterizzato da un Forame Magno "spostato in avanti" e una minore inserzione dei Muscoli Nucali.
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