- Agisce come leva, e ciò permette di incrementare la forza propulsiva in animali corridori, come H. sapiens o Homo naledi;
- Svolge una funzione tattile;
- Svolge una funzione di sostegno e/o di presa. Il peso può essere scaricato in modi differenti: Vicino all'alluce (nell'uomo); attraverso il terzo dito nei primati quadrupedi; attraverso il legamento tra alluce e secondo dito nelle scimmie antropomorfe.
Il piede, nell'uomo, è specializzato per una locomozione bipede obbligata, ed è caratterizzato da:
- Falangi, Metatarso, Falangine e Falangette ridotte;
- Il primo dito è allungato e le ossa metatarsali sono allineate;
- Il Tarso e il Calcagno si sviluppano enormemente;
- L'Astragalo si dispone "in asse" con il Calcagno formando sostanzialmente un angolo retto (o quasi) con l'asse della Tibia.
La deambulazione nell'uomo è suddivisa in 3 fasi: taligrada (si appoggia prima il tallone), plantigrada si appoggia tutta la pianta del piede sul suolo), digitigrada (quando alziamo il tallone e il peso viene scaricato sulle dita del piede). Quando non si cammina, il piede diventa Plantigrado in quanto si appoggia tutta la struttura in modo parallelo al suolo scaricando il peso del bacino, del tronco, ecc. L'osso al centro del piede che scarica il peso corporeo, quando l'uomo non cammina, si chiama Astragalo. Qui entra in gioco il Calcagno, che ci permette di capire anche un po' la biomeccanica del piede. La 'leva' che caratterizza il piede è molto particolare e affascinante, in quanto il piede ruota nell'Articolazione tra le Falangi e il Metatarso. In parole povere, è il fulcro della leva del piede, mentre il peso da sollevare si dice "braccio della resistenza") si scarica lungo la Tibia sull'Astragalo. In questo discorso sono importantissimi i polpacci:
- Ci permettono di metterci in "punta di piedi", articolandosi sulla fine del calcagno col Tendine d'Achille;
- Quando li contraiamo, il Tendine d'Achille tira su il Calcagno. In questo modo il piede ruota sul fulcro e si solleva la Tibia e il Tarso. Più è lungo il Calcagno e maggiore sarà l'efficienza del piede.
Ora come ora, possiamo parlare un attimo di alcune 'tendenze evolutive'. I cosiddetti "trend evolutivi" sono in paleontologia modificazioni costanti nel tempo, non necessariamente legate o selezionate dai meccanismi evolutivi. Per esempio, certi gruppi possono subire modificazioni costanti per quanto riguarda le dimensioni, quindi una specie arcaica può effettivamente sembrare/essere più piccola di una specie derivata. Non è assolutamente 'lamarckismo', ma una continua selezione di caratteri per lo più non adattativi (ma non è da escludere che possano risultare 'positivi' in certi contesti, come in quelli insulari). Ritornando al nostro discorso, una tendenza evolutiva è proprio l'allungamento del Calcagno, quindi si può notare tra gli ominini arcaici e le specie appartenenti al genere Homo una sostanziale differenza per quanto riguarda il "sistema piede", che è legato comunque al bipedismo. Assieme a questa caratteristica, esistono altri trend interessanti:
- Rispetto alla potenza vi è una riduzione del braccio della resistenza;
- L'area volare (il "palmo del piede", per intenderci) è aumentata fino ad interessare tutto il piede;
- La linea di carico cade verso il primo metatarsale;
- L'epidermide del piede è più glabra, caratterizzata da terminazioni nervose e ghiandole sudoripare;
- Il piede è più stretto, ed oltre alla principale linea di carico sul primo metatarsale compare anche una linea di carico secondaria lungo la quinta falange. Immaginate il piede come un 'tripode'.
Il "piede piatto" è una caratteristica comune a molti ominini. Questa recente ricerca, condotta da molti studiosi nostrani, è molto interessante perché aggiunge un tassello in più su come si sia evoluto il piede, una struttura di sostegno capace di farci camminare su due gambe e in modo eretto.
Sono stati confrontati molti piedi, sia odierni che appartenenti ad ominini antichi, con i ricercatori che si sono maggiormente concentrati sull'arco longitudinale mediale del piede, una caratteristica che differenzia gli altri primati da H. sapiens. Si sono concentrati, inoltre, sul cosiddetto "piede piatto", una condizione nella quale la parte centrale e interna del piede risulta essere del tutto piatta, con la pianta che appoggia completamente sul suolo. In parole povere, l'arco longitudinale mediale è un adattamento funzionale in quanto agisce come leva, e ciò permette di incrementare la forza propulsiva in animali corridori, come Homo sapiens od H. naledi; svolge una funzione tattile; svolge una funzione di sostegno e/o di presa. Il peso può essere scaricato attraverso il piede (e in modi diversi) quando il piede tocca il terreno, consentendo così una locomozione bipede obbligata o facoltativa. Insomma, è un adattamento niente male!
Non si sa effettivamente quando questa caratteristica sia comparsa, ma ciò che si sa ora con un pochino più di precisione è che, il "piede piatto", parrebbe essere una condizione diffusa e caratterizzata proprio da un appiattimento relativamente accentuato dell'arco longitudinale mediale. Insomma, non tutti i "piedi piatti" sono uguali, e ciò è indicato proprio dal cosiddetto osso Navicolare. La variabilità morfologica di quest'osso varia in base alla condizione del piede dell'individuo, all'età e allo stile di vita e può essere anche congenito. La differenza tra i vari gruppi di esseri umani moderni indicano che lo sviluppo dell'arco longitudinale può essere influenzato dallo stile di vita, dalla locomozione ed anche dalle calzature. Gli odierni cacciatori-raccoglitori, per esempio, mostrano un piede relativamente flessibile e più piatto rispetto ad individui che indossano calzature, e ciò potrebbe suggerirci che questa tipologia di piede potrebbe essere simile a quella degli antichi H. sapiens. Quindi, cultura e stile di vita giocano un ruolo importante per quanto riguarda la forma del piede in età adulta.
Per esempio, ominini che presentano morfologie arcaiche come le australopitecine o le specie umane insulari, mostrano un navicolare simile a quello delle cosiddette "grandi scimmie" non umane, e questo indica che questi ominini fossero caratterizzati sia da una locomozione bipede che dalla capacità di arrampicarsi in contesti arboreo-florestali. Homo habilis, invece, mostra un piede molto simile a quello del Sapiens, e ciò potrebbe indicare già la presenza di un arco longitudinale relativamente sviluppato, senza escludere che anche gli individui appartenenti a questa specie abbiano potuto presentare un piede piatto simile a quello odierno.
Insomma, il navicolare si presenta sotto forme diverse tra i vari ominini e all'interno della popolazione umana odierna, quindi esiste una variabilità morfologica del piede non indifferente. Ciò permette di fare un po' più luce su ciò che riguarda l'adattamento ad una locomozione bipede con la condizione del "piede piatto congenito" che risulta essere una sorta di "variante normale" del piede umano.
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Questa scoperta ci consente di comprendere alcuni aspetti ontogenetici, ovvero come una struttura morfologica si modifica in base allo stile di vita o all'età, analogamente alla variabilità presente nella condizione del "piede piatto". Il piede della bambina di Dikika mostra una caviglia allineata e il ginocchio posizionato sotto il centro di massa, presentando in generale morfologie simili a quelle della nostra specie, ma conservando anche caratteristiche arcaiche, come le dita capaci di afferrare o trasportare oggetti.
Le ossa del mesopiede sostenevano un arco plantare relativamente basso, e è interessante notare la presenza di un osso posizionato sul lato esterno del piede del bambino, simile a quanto osservato nella nostra specie, che agiva come supporto all'arco plantare. Un piede moderatamente arcuato, come nel Sapiens, contribuisce a ridurre lo stress fisico e a limitare le lesioni nella parte inferiore della gamba durante la deambulazione eretta.
E gli individui adulti?
Scarseggiano un po’ i resti di piedi tali da poter dire se gli individui adulti di 𝘼. 𝙖𝙛𝙖𝙧𝙚𝙣𝙨𝙞𝙨 avessero piedi con archi bassi o completamente assenti, ma la bambina di Dikika presenta un osso del tallone molto piccolo a differenza degli adulti che possedevano un tallone molto più robusto. Qui sarebbe stato interessante uno studio genetico mirato per capire se lo sviluppo del tallone fosse stato in qualche modo legato ad una componente genetica, o se fosse dovuto ad una risposta alla camminata regolare durante l’infanzia. Si propende per quest'ultima ipotesi, infatti ciò suggerirebbe uno stile di vita lontano dagli alberi, nonostante 𝘼. 𝙖𝙛𝙖𝙧𝙚𝙣𝙨𝙞𝙨 possedesse arti superiori capaci di permettere l’arrampicata sugli alberi.
In sostanza, la bambina di Dikika presenta elementi nuovi nel genere 𝘼𝙪𝙨𝙩𝙧𝙖𝙡𝙤𝙥𝙞𝙩𝙝𝙚𝙘𝙪𝙨 e, come detto prima, ci permette di capire un po’ l’evoluzione dei fenotipi adulti e che, come nella stragrande maggioranza dei casi, la selezione (o altri meccanismi evolutivi) agisce direttamente sugli individui giovani. Quindi, per concludere, 𝘼. 𝙖𝙛𝙖𝙧𝙚𝙣𝙨𝙞𝙨 era caratterizzata da bipedismo abituale, ed anche se gli individui giovani possedevano un alluce relativamente mobile, non sarebbero riusciti comunque a fare qualcosa di diverso rispetto a ciò che sa/sapeva fare un bambino Sapiens con i piedi, in quanto non era abile come gli scimpanzé odierni nella manipolazione di oggetti. Piccolo recap anatomico del piede e le implicazioni paleobiologiche:
- L’articolazione talocrurale era ortogonale all’asse e si sviluppava lungo la tibia allineando la caviglia ed il ginocchio sotto il centro di massa del corpo;
- Le basi metatarsali laterali erano relativamente alte;
- Il cuboide era allungato e, assieme alle morfologie citate prima, contribuiva nel rendere il mesopiede relativamente rigido e ciò permetteva di aumentare la leva durante la fase propulsiva della deambulazione;
- L’arco longitudinale era poco sviluppato, e la porzione mediale era posizionata più “plantarmente” rispetto agli esseri umani moderni;
- L’alluce non era abdotto (“lontano” rispetto alle altre dita) come in 𝘼𝙧𝙙𝙞𝙥𝙞𝙩𝙝𝙚𝙘𝙪𝙨 o nei moderni scimpanzé, ma si mantiene una certa convessità della faccetta cuneiforme mediale per il primo metatarso sia in età giovanile che adulta;
- La fase di spinta dell’andatura bipede differiva da quella del Sapiens;
- Una maggiore mobilità dell’articolazione dell’alluce (tarso-metatarsale) potrebbe essere stata vantaggiosa durante lo sfruttamento di contesti arborei, sia per lo spostamento che per proteggersi da eventuali predatori;
- La bambina di Dikika possedeva dimensioni simili a quelle di uno scimpanzé e, con molta probabilità, era ancora dipendente dai genitori tanto da essere stata trasportata attivamente durante i suoi 3 anni di vita (non ci sono modificazioni al calcagno simili a quelle riscontrabili negli individui adulti che camminavano abitualmente). Trasportare un individuo giovanile comportava un certo dispendio energetico, ma un alluce mobile avrebbe potuto “tamponare” questo problema.
Arto anteriore, Cinto scapolare e Bacino. Bene, siamo quasi alla fine di questo interessantissimo e lunghissimo argomento che riguarda gli arti e le componenti connesse ad essi, e non possiamo ora non parlare di ciò che si sviluppa superiormente. L'arto anteriore, o superiore, risulta essere un po' più flessibile rispetto a quello inferiore, e non solo nell'uomo ma anche in tantissimi vertebrati. L'arto anteriore è sostenuto da un Cinto Scapolare, e svolge la funzione di sostenere il peso del corpo, mentre in animali brachiatori aiuta a rimanere appesi, e in animali come l'essere umano permette di gesticolare, quindi di comunicare, ma anche di maneggiare oggetti.
Nei primati, il Cinto Scapolare è costituito da 2 ossa: La Clavicola e la Scapola, e sono articolate tra di loro permettendo, così, un collegamento tutto sommato flessibile, grazie anche alla sospensione muscolare degli arti posizionati anteriormente al tronco. L'arto anteriore, dipendentemente alla sua storia evolutiva, può svolgere diverse funzioni:
- Sollevamento del corpo e sospensione (brachiatori);
- Locomozione e sostegno del corpo (quadrupedi);
- Nell'uomo la situazione è leggermente complessa. Non svolge un ruolo nella locomozione o sospensione, ma svolge un ruolo nella manipolazione degli oggetti e nella comunicazione (gesti mimico-espressivi). Si sviluppano altri muscoli, come quello Supinatore e Pronatore, relazionati proprio alla presenza del Radio e dell'Ulna. Infatti, tutto questo permette una certa mobilità alla mano, mentre altri animali, come quelli quadrupedi (es. gatto), possono svolgere solo un movimento antero-posteriore (avanti-indietro) in quanto il cinto svolge un ruolo, durante la corsa o la mobilità, nell'ammortizzare le vibrazioni e i colpi che l'arto rilascia durante il movimento. Come se fosse una sorta di cuscinetto che attutisce colpi/vibrazioni.
Esiste anche una differenza nell'articolazione tra Clavicola e Scapola nei primati, infatti per esempio negli scimpanzé sono articolate a 90°, mentre nell'uomo la Scapola è laterale e non dorsale. Un trend evolutivo, legato anche al bipedismo, è quello della larghezza delle spalle. In parole povere, un animale quadrupede non possiede delle "spalle larghe" come un animale bipede.
La mano. Beh, diciamo che questo arto modificato è il risultato di una serie di modificazioni che ci hanno permesso, in primis, di essere primati e quindi manipolatori di oggetti. Non è una struttura così comune nel mondo animale. È uno strumento di manipolazione, e le forme più avanzate possono diventare uno strumento di precisione, grazie soprattutto alla capacità di opporre il pollice a tutte le dita. La manipolazione è possibile grazie alla riduzione di metacarpali e falangi, e in generale si possono notare altri interessanti trend evolutivi: allungamento del pollice, tanto da superare l'attaccatura della base delle falangi nel genere Homo; si accorciano le ossa delle mani e del polso, e il pollice è allungato a tal punto da superare l'attaccatura della base delle falangi. Ecco le modificazioni subite dalla mano nel corso del tempo (trend evolutivi):
- Allungamento del pollice (il primo dito) e sviluppo di alcuni muscoli (flessori, adduttori e rotatori, sempre del pollice);
- Riduzione dei metacarpali e delle falangi;
- Manipolazione, che nel genere Homo e in alcune australopitecine porta anche alla costruzione di manufatti. Tutto ciò è legato all'organizzazione delle capacità manipolative di tipo progettuale, ed alla maggiore precisione nella presa;
- Articolazione carpo-metacarpale "a sella".
Un'insieme di "mani" di primati. Fonte: Almécija, Sergio & C Shwerwood, Chet. (2017). Hands, Brains, and Precision Grips: Origins of Tool Use Behaviors. 10.1016/B978-0-12-804042-3.00085-3.
Le mani degli scimpanzé e delle scimmie antropomorfe sono più derivate rispetto a quelle dell'uomo (ma ognuna nei vari lignaggi si è evoluta e specializzata in modo indipendente). Lo so, per fare scalpore avrei potuto dire "le mani dell'uomo sono più primitive" ma, per una questione temporale, preferisco focalizzarmi sulla "primitività" dell'arto (e dopo capirete perché). La ricerca è un po' datata, ma è molto interessante perché tendiamo sempre a considerare, ahimé, ogni caratteristica umana come "moderna" o "derivata" (dannato antropocentrismo). Sostanzialmente, le dimensioni e le proporzioni delle dita sono cambiate poco nel corso del tempo per quanto riguarda il nostro lignaggio, mentre negli altri "cugini" le dimensioni, e le proporzioni, sono cambiate (in modo diverso ed indipendente). Sì, è vero, il pollice lungo è la caratteristica più evidente del genere 𝙃𝙤𝙢𝙤, tanto da superare l'attaccatura della base delle falangi. E allora, perché la mano umana sarebbe primitiva se possiede un carattere (apparentemente) derivato come questo?
Sostanzialmente, tutti i gruppi odierni di primati (e non solo) sono caratterizzati da una mano che si è sviluppata e diversificata in modo indipendente, e in ogni gruppo (o quasi). Proviamo a dare un'occhiata generale ai vari risultati della ricerca:
- La convergenza evolutiva la fa da padrona: scimpanzé (𝙋𝙖𝙣 𝙩𝙧𝙤𝙜𝙡𝙤𝙙𝙮𝙩𝙚𝙨) e oranghi sono accomunati da un evento di convergenza evolutiva (un pollice allungato), mentre uomo e gorilla sono caratterizzati da un pollice che è poco cambiato. Notate che tutti e questi gruppi si sono separati più di 7 milioni di anni fa, l'antenato comune tra "antenato comune di uomo-scimpanzé e gorilla si diversificò più di 10 milioni di anni fa;
- Negli ilobatidi assistiamo ad un estremo allungamento del pollice;
- Le dita umane sono simili a quelle dei gorilla (oltre ad essere cambiate poco nel corso del tempo, come detto prima), e ciò fa supporre che anche l'antico primate africano da cui discendono buona parte dei primati odierni possedeva dita lunghe (non è un requisito per l'avvento della locomozione sulle nocche);
- Si tratta di un'evoluzione a mosaico in quanto la Selezione Naturale ha 'agito' (o meglio, ha selezionato) in modo indipendentemente sui vari lignaggi degli odierni primati (in base al contesto ambientale). Ciò suggerisce che essi sopravvissero all'evento che portò all'estinzione di molti primati nel Miocene (23-5 milioni di anni circa), e grazie proprio alle diverse e indipendenti specializzazioni sono stati in grado di condividere gli habitat con i cercopitecidi (macachi e babbuini). Insomma, ognuno è riuscito a ricavarsi la sua 'nicchia' senza entrare in competizione con altri gruppi;
- Le somiglianze indicano che l'arrampicata specializzata sugli alberi non era una prerogativa dei primati dotati di dita lunghe. Questo ce lo hanno già insegnato le australopitecine.
Fonte immagine e del testo: Almécija, S., Smaers, J. & Jungers, W. The evolution of human and ape hand proportions. Nat Commun 6, 7717 (2015).
Lucy muscoli (da aggiungere)
https://www.science.org/content/article/born-run-early-endurance-running--may-have-evolved-help-humans-chase-down-prey
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